L’altro giorno mi è capitato
fra le mani Assassinio nella cattedrale di Thomas Stearns Eliot. Sono andata a
cercare immediatamente una pagina di drammatica intensità, che amo da sempre:
il coro delle donne di Canterbury.
È così opaca questa
esistenza senza significato, “vivendo e quasi vivendo”, lasciandosi andare allo
scorrere lento di un' apparente tranquillità, impaurite dalle loro stesse
paure...
Solo dopo il martirio di
Tommaso Becket, qualcosa in loro comincerà a cambiare... e anche la semplice
quotidianità si colorerà di significato.
Noi non vogliamo che accada
nient'altro. Siamo vissute in pace per
sette anni, siamo riuscite a non farci
notare, vivendo e quasi vivendo. Abbiamo visto l'oppressione
e lo sfarzo, abbiamo visto povertà e
licenza, abbiamo visto meschine
ingiustizie. Ma siamo riuscite a vivere vivendo e quasi vivendo.
A volte il frumento ci manca, a volte il raccolto è propizio, un anno è un anno di pioggia, un altro è un anno di siccità, un anno ci sono mele abbondanti, un altr'anno le prugne sono scarse. Eppure siamo riuscite a vivere, vivendo e quasi vivendo.
Abbiamo onorato le feste, ascoltato la messa, abbiamo fatto fermentare il sidro e la birra, abbiamo raccolto la legna all'apparire dell'inverno, ci siamo attardate a parlare all'angolo del focolare, a parlare all'angolo delle strade, a parlare non sempre a bassa voce, vivendo e quasi vivendo...
Tutte abbiamo avuto terrori privati, ombre personali, paure segrete. Ma ora una grande paura è sopra di noi, una paura non di una, ma di molti, una paura simile alla nascita e alla morte, esse sole e nient'altro, come isolate nel vuoto.
Siamo invase dalla paura che non possiamo conoscere, che non possiamo affrontare, che nessuno può capire. E ci strappano il cuore, ci sbucciano il cervello a strati, come una cipolla, ci sentiamo perdute, perdute in un terrore totale, che nessuno può capire...
A volte il frumento ci manca, a volte il raccolto è propizio, un anno è un anno di pioggia, un altro è un anno di siccità, un anno ci sono mele abbondanti, un altr'anno le prugne sono scarse. Eppure siamo riuscite a vivere, vivendo e quasi vivendo.
Abbiamo onorato le feste, ascoltato la messa, abbiamo fatto fermentare il sidro e la birra, abbiamo raccolto la legna all'apparire dell'inverno, ci siamo attardate a parlare all'angolo del focolare, a parlare all'angolo delle strade, a parlare non sempre a bassa voce, vivendo e quasi vivendo...
Tutte abbiamo avuto terrori privati, ombre personali, paure segrete. Ma ora una grande paura è sopra di noi, una paura non di una, ma di molti, una paura simile alla nascita e alla morte, esse sole e nient'altro, come isolate nel vuoto.
Siamo invase dalla paura che non possiamo conoscere, che non possiamo affrontare, che nessuno può capire. E ci strappano il cuore, ci sbucciano il cervello a strati, come una cipolla, ci sentiamo perdute, perdute in un terrore totale, che nessuno può capire...
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