23 gennaio 2016

Tre fili di frumento


Una pagina struggente e intensa, tratta da Il compagno don Camillo, di Giovannino Guareschi.
Indimenticabile.


 

 «Questa è la strada, là è la carrareccia, questa è la siepe lungo il fosso e là è la quercia». Ripercorse, seguito dal compagno Tavan, il fosso ghiacciato e risalì la sponda ai piedi della grande quercia. «Ecco,» spiegò indicando il campo di tenero grano «qui è sepolto tuo fratello. » Risollevò la cortina d'edera e mostrò la croce e la data e la parola incisa sulla corteccia.

 Il compagno Tavan guardava il campo di grano e la mano che stringeva il lumino tremava. Don Camillo avanzò qualche passo nel campo di grano e, chinatosi, fece un buco nella terra. L'altro comprese e raggiuntolo, mise il lumino nel buco e lo accese. Rialzatosi, rimase a contemplarlo, col berretto in mano.


Don Camillo cavò di tasca il suo coltellino e tagliò fuori dalla terra bruna una zolla con tre tenere piantine di frumento.
Aveva in tasca il bicchierino di alluminio che gli serviva da Calice: «Ne troverò un altro» pensò mentre lo riempiva con la zolla di terra. «Portalo a casa a tua madre» disse al compagno Tavan mentre gli metteva in mano il bicchiere.

 Tornarono al margine del campo sotto la quercia. «Segnati pure, compagno» disse don Camillo al compagno Tavan. «Mi segno anch'io.» Si segnarono: e nella sua nicchia, difesa dal vento, la fiammella del lumino palpitava. Un colpo di clacson li riportò sulla strada del ritorno.

 Poco prima di raggiungere il torpedone, don Camillo si fermò: «Compagno» disse con voce grave: «tua madre sarà contenta ma il Partito non potrebbe mai approvare cio che abbiamo fatto». «Non me ne frega niente» rispose con voce sicura il compagno Tavan. E maneggiava il bicchierino contenente la zolla e le piantine di frumento, con infinita delicatezza, come se avesse, tra le grosse dita, qualcosa di tenero e di vivo.

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