16 dicembre 2019

Verso il Natale con «Il velo dorato»

In quello stesso momento, una volante dei carabinieri posteggiò davanti a un portone verde in via Donizetti. L’uomo in divisa scese dall'auto, diede un’occhiata ai campanelli e suonò in portineria.
– Ehi, qui è tutto in regola! Se qualcuno ha combinato qualcosa, io non c’entro un accidente! – esclamò la vecchia Ester, affacciandosi allarmata alla finestra del piano rialzato. 
– Mi può aprire, per cortesia?
La vecchia si affrettò, con una certa apprensione. 
– Entri pure. Non abbiamo niente da nascondere qui.
– Devo solo parlare con la famiglia Obi.
Quando Adaora aprì la porta del monolocale e si vide comparire davanti il maresciallo, rimase per qualche istante senza fiato.
– Posso entrare, signora Obi? – chiese l’uomo, togliendosi il cappello; poi soggiunse: – Mi scusi per l’intrusione; l’avevo promesso a Tom.
– Grazie, grazie! – esclamò il ragazzino, scattando in piedi come una molla.
– Buon Natale, Tom. Buon Natale, Adaora – disse il maresciallo; poi ebbe un attimo di esitazione e chiese: – Posso chiamarla Adaora, vero, signora Obi?
– Certo! – annuì la donna, con slancio. La gentilezza rispettosa che l’uomo aveva sempre dimostrato nei suoi confronti la metteva quasi in imbarazzo; non era abituata a sentirsi trattata con tanto riguardo.
– Vi piacciono i marron glacé? Ieri pomeriggio sono passato davanti alla pasticceria, ho visto i marron glacé in vetrina e ho pensato di prenderne un po’ per mangiarli oggi con voi.
Estrasse da sotto il cappotto una confezione dorata, e la posò sul tavolo, al centro di un’allegra tovaglia natalizia che la signora Ester aveva vinto con i punti del supermercato e aveva regalato a Adaora proprio il giorno prima.
Sedettero intorno al vassoio di marron glacé e li mangiarono quasi tutti. Nel frattempo chiacchierarono un po’, condividendo piccoli episodi di vita quotidiana. Soprattutto Tom parlava volentieri e si sentiva fiero di poter raccontare le sue imprese sportive a un uomo che, da ragazzo, aveva giocato a basket per parecchi anni.
Il maresciallo rimase con gli Obi per più di un’ora, ma il tempo volò come se si fosse trattato di un minuto. Adaora provò nuovamente la sensazione già sfiorata pochi giorni prima, nell'abitacolo della volante, quando Esposito li aveva accompagnati a casa: una specie di calore accogliente e semplice, in cui trovare riposo.
– Grazie per l'ospitalità – disse l'uomo raccogliendo il cappotto e il cappello che aveva appoggiato su un letto e avviandosi verso la porta.
– Grazie a lei per essere venuto, signor maresciallo.
– Adaora, può chiamarmi Giuseppe se le fa piacere.
– E io? – chiese Tom tutto speranzoso – Io come posso chiamarla?
– Tu puoi continuare a chiamarmi signor maresciallo – rispose, con un tono di voce fermo e severo. Gli passò una mano fra i capelli, scompigliandoli come solo lui sapeva fare e poi gli afferrò per un attimo la nuca, in un gesto energico che a Tom piaceva da morire.

[Laura Blandino - Il velo dorato - Piccola Casa Editrice, 2018]


09 dicembre 2019

Verso il Natale con «Tempo di cose nuove»

Quella sera i Bonvicino parteciparono alla messa di mezzanotte: pur non essendo particolarmente credenti, sapevano che quella liturgia era una tradizione molto sentita, ed era opportuno parteciparvi.
La signora Sissy era in gran forma, con i capelli freschi di parrucchiere e la pelliccia lunga fino ai polpacci. Entrando in chiesa aveva salutato una gran quantità di persone ormai a lei ben note: negli ultimi tempi le sue relazioni sociali si erano intensificate molto, anche grazie a Libby che intratteneva i rapporti con la “Cassanico bene”. Sissy era così entrata in quello che suo figlio chiamava sarcasticamente “il periodo salottiero”.
Quella sera anche il dottor Bonvicino, impettito e cordiale, sembrava perfettamente a suo agio. Per la verità doveva continuamente sbirciare i vicini di banco per capire quando sedersi e quando alzarsi, ma la scarsa dimestichezza con le faccende religiose non costituiva un ostacolo per lui: in ogni caso si trattava di un evento pubblico, e come tale papà lo viveva al meglio.
Stefano invece aveva un broncio infinito, perché avrebbe preferito essere ovunque ma non lì; non era tuttavia riuscito a sottrarsi.
Paola si guardava intorno con curiosità. La chiesa era gremita: parecchi sembravano lì solo per convenzione, ma molti erano sinceramente partecipi e ascoltavano raccolti. In un banco poco lontano Marta, seduta accanto a Italo, pregava con il capo chino e le mani sul grembo.
Padre Cipriano, un omone dal viso rubicondo e dalla lunga barba bianca e riccia, assomigliava un po’ a Babbo Natale e predicava con un tono caldo, appassionato, vivace. Parlava di una luce che rifulgeva nelle tenebre, di un eterno che entrava nel tempo, di un infinito che si faceva piccolo per raggiungere il cuore dell’uomo. Paola desiderò intensamente che tutto quello fosse vero.

[Laura Blandino - Tempo di cose nuove - Piccola Casa Editrice, 2016]


06 dicembre 2019

Jólabókaflóð: un'inondazione di libri per Natale!

Lo strano (e per noi impronunciabile) termine Jólabókaflóð significa in islandese "inondazione di libri per Natale".
È una bellissima tradizione nata in Islanda durante la seconda guerra mondiale, e tuttora vivissima: consiste nell'acquisto di libri tra settembre e dicembre, per lo scambio di regali natalizio. Sotto l'albero gli Islandesi amano trovare volumi d'ogni genere, e sono veri cultori della carta stampata. Non solo: l'usanza è trascorrere la notte di Natale leggendo per ore e ore.
Pensate che l’Islanda pubblica più libri pro capite di qualsiasi altro paese nel mondo; gli Islandesi sono appassionati lettori, e per loro un libro è il più grande regalo.
Forse anch'io ho qualche goccia di sangue islandese?


02 dicembre 2019

Verso il Natale con «La camera bella»

Quando Chiara fu uscita, zia e nipote si misero all'opera. Cominciarono a intrecciare l’uno con l’altro i rami di abete raccolti durante il pomeriggio nel bosco del Tasso e dopo mezz'ora l’aria tiepida della casa era già impregnata di un intenso profumo di resina.
– Credo che anche questa sera saremo sole a cena. Ci scommetti che Chiara mangia di sotto con papà e mamma? – disse Cecilia, annodando un pezzo di rafia.
Marta si strinse nelle spalle: – Passerà.
Il risultato del loro lavoro fu un’ampia e profumatissima ghirlanda che Marta pose al centro del tavolo in sala. Poi prese quattro candele rosse e le infilò equidistanti l'una dall'altra fra i rami verdissimi.
– Com'è bella! – esclamò Cecilia emozionata.
– È una corona d’Avvento, Adventskranz in tedesco – spiegò la zia.
– Proviamo a vedere che effetto fa con le candele accese?
– Non ancora, Ceci. Ne accenderemo una, una sola, questa sera, quando saremo finalmente tutti a casa.
– Perché una sola? – domandò delusa la bambina.
– Perché sta per iniziare la prima domenica di Avvento.
– E sabato prossimo?
– Ne accenderemo due. E così via, fino a Natale.
Erano quasi le nove quando, chiuso finalmente il negozio, la famiglia Ansaldi al completo poté godersi qualche minuto di pace. La corona d’Avvento piacque molto, perché era davvero bella e conferiva alla casa un’atmosfera natalizia
del tutto nuova. Chiara propose di collocarla su un tavolino basso tra il divano e le poltrone. In quel modo, ci si poteva sedere tutti intorno comodamente.
– Buon Avvento a tutti – augurò Marta, accendendo con un fiammifero una delle quattro candele rosse.
Poi imbracciò la chitarra e cominciò ad arpeggiare.

[Laura Blandino - La camera bella - Piccola Casa Editrice, 2014]

17 novembre 2019

Rossovermiglio

«Oggi so che c’è bellezza e bellezza. E questo vale anche per i luoghi, non soltanto per le persone. Qui non ci sono deserti ricamati dal vento o montagne affacciate sui laghi, golfi che abbracciano il mare e isole sul filo dell'orizzonte. solo una quieta infilata di vigne ordinate, di conche e salite; e c'è chi sente una musica mischiata all'odore del bosco dopo la pioggia. Chi la lavora, la terra, fa finta di non vederla questa bellezza: gli pare un vezzo da pigri fermarsi a guardare la valle quando l’ombra l’allaga o il sole filtra nel bosco e disegna un sentiero. Non è disprezzo o disattenzione, soltanto abitudine.La terra è la terra, il bosco è il bosco e la vigna è la vigna».

Dopo aver letto - e molto apprezzato - Il rumore del mondo, ho desiderato conoscere altre opere di Benedetta Cibrario. Ho quindi scelto il suo romanzo forse più noto: Rossovermiglio, ambientato nelle campagne del Chianti a partire dagli anni '30 del secolo scorso. 
Quelle che avete appena letto sono le prime righe dell'opera, e rendono l'idea della cornice.
Cresciuta in una Torino stile liberty ancora pretenziosa ma già decadente, la protagonista a diciannove anni viene costretta dal padre a scegliere il marito in una lista di cinque nomi; dopo vani tentativi di resistenza si arrende, e sposa il candidato che le sembra meno improponibile.
Durante il viaggio di nozze a Parigi conosce un altro uomo, da cui rimane affascinata. Lo rivede alcuni anni dopo, e ne diventa l'amante: la relazione con lui sembra il giusto balsamo sulle ferite di una vita coniugale che non ha mai funzionato.
Intanto la donna abbandona Torino e si rifugia in Toscana, dove possiede una tenuta sui colli senesi; in quella casa, fra quelle vigne, circondata dalla solitudine, cercherà di ricostruire pezzo per pezzo la sua vita.
Con queste premesse, la storia potrebbe configurarsi come un romanzetto d'appendice, per nulla originale e molto ordinario. Invece la vicenda si sviluppa in modo inatteso, rivelandosi un viaggio tutt'altro che banale nei grandi paradossi dell'esistenza.

10 novembre 2019

I leoni di Sicilia

Chi ha inventato il tonno sott'olio in lattina? Chi ha fatto del marsala un nettare degno delle tavole più prestigiose?
Saga familiare e romanzo storico a un tempo, I leoni di Sicilia racconta la storia dei Florio, generazione dopo generazione: dallo sbarco a Palermo nel 1799, all'espansione commerciale che li renderà sempre più potenti e più ricchi.
Le vicende della famiglia si intrecciano con quelle della città e della Sicilia tutta, in un secolo turbolento e difficile.
I Florio si rivelano uomini capaci di scelte ardite, idee geniali, passioni violente; ma soprattutto animati da una fame inesauribile di riscatto sociale, e feriti da inimmaginabili fragilità. 
Grande penna, quella di Stefania Auci: mi ha regalato lunghe ore di intensa lettura, proprio come piace a me.


07 novembre 2019

Dove eravamo rimasti?

Non aggiorno il blog da oltre un mese, perché una serie particolarmente intensa di impegni familiari e professionali ha assorbito gran parte del mio tempo libero e - soprattutto - delle mie energie.
Ciononostante, qualche spazio per la lettura sono sempre riuscita a ritagliarmelo: un buon libro è prezioso compagno quando si è stanchi, preoccupati, o vinti da un senso di oppressione che non fa bene al cuore.
Negli ultimi due mesi ho goduto di alcuni buoni romanzi, che vi cito con sincera gratitudine.
  • Stefania Auci - I leoni di Sicilia
  • Benedetta Cibrario - Rossovermiglio
  • Natalia Ginzburg - Lessico familiare
  • Jan Dobraczynski - Ho visto il maestro!
Nelle prossime settimane conto di recuperare il tempo perduto, e di offrirvi qualche piccola recensione.
A presto!

02 ottobre 2019

Piccoli tratti di matita

C’era una volta, tanti anni fa, una ragazza con un sacco di fantasia. Non aveva mai studiato disegno, ma amava riempire di scarabocchi i fogli sparpagliati sulla sua scrivania; disegnare la rilassava, durante i lunghi pomeriggi di studio. Verso i vent'anni quella ragazza incontrò Gesù. Nel senso che la sua fede divenne un’esperienza importante per lei. Accadde un po’ come quando ci si innamora: la ragazza desiderava conoscere il più possibile la Persona che le aveva catturato il cuore. E così, iniziò a leggere la Bibbia. Mese dopo mese, anno dopo anno, la ragazza scoprì fra le pagine delle Scritture parole bellissime, che la colpirono profondamente. E siccome continuava a scarabocchiare volentieri, ogni tanto pescava una frase e la illustrava con piccoli tratti di matita.

A distanza di trent'anni, una selezione di questi bozzetti è stata pubblicata.
  1. Una prima parte illustra in modo spiritoso versetti dell’Antico Testamento.
  2. Una seconda parte presenta i misteri del Rosario, ciascuno con un breve riferimento a un passo del Nuovo Testamento.
Si tratta di un volumetto senza pretese, da sfogliare quando si ha tempo, o da far colorare ai bambini. O magari – chissà – da tenere sotto gli occhi in un momento di preghiera. 

È acquistabile on line 
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/religione/507348/piccoli-tratti-di-matita/  
oppure contattando direttamente l'autrice.



12 settembre 2019

Promettimi che non morirai mai!

– Non abbandonarci zia, ti prego! Non puoi farlo, proprio il giorno di Pasqua! – Cecilia era dispiaciuta fino alle lacrime. Posò il pennellino e l’uovo decorato che teneva in mano.
[...]
– Capisco quello che provi, piccola Ceci. E mi spiace non poter essere con voi.
– Se ti spiacesse davvero, rimarresti! – reagì Cecilia, con un uso di congiuntivo e condizionale inaspettatamente perfetto nonostante la foga.
Marta fissò gli occhi azzurri della nipote e assunse un’espressione molto seria.
– Ascoltami, Ceci. Anche se tu insistessi fino allo stremo e piangessi e strepitassi, la mia decisione non cambierebbe. Ho accettato un invito che è molto importante per me, per la mia vita e tu sei abbastanza sveglia per capire che non lo declinerò.
Fece una lunga pausa, osservando la ragazzina che tirava su col naso e cercava di ricacciare indietro le lacrime. Le passò una mano sui riccioli biondi e proseguì: – Nella vita a volte ci sono grandi distacchi, come quando muore qualcuno che amiamo e ci sono anche piccoli distacchi, come quando una persona cara prosegue il suo cammino su una strada che è diversa dalla nostra. Io sono felice di vivere con voi e vi voglio un bene infinito. Un giorno però andrò a vivere in un’altra casa, perché quello sarà il mio posto, in un futuro che sta diventando sempre più vicino.
Cecilia tratteneva il respiro e guardava il volto calmo della zia con un’espressione sempre più spaventata. Deglutì.
– Adesso ti senti un po’ triste – incalzò Marta – perché io non sarò con te al pranzo di Pasqua. Ma fra pochi mesi io mi sposerò e andrò a vivere in Frazione San Giovanni. Il piccolissimo distacco di domenica ti allenerà al piccolo distacco di giugno, Ceci.
La ragazzina si chinò verso la zia e si rifugiò fra le sue braccia, affondando il viso nella felpa azzurra profumata di buono. Marta la strinse a sé e rimasero entrambe immobili a lungo, incuranti dei minuti che scorrevano veloci.
– Promettimi che non morirai mai! – mormorò Cecilia. 
Marta non rispose, ma la strinse ancora più forte.

[Laura Blandino - La camera bella - Piccola Casa Editrice]

02 settembre 2019

Il rumore del mondo

Nella prima metà dell’ottocento Anne Bacon, figlia di un ricco mercante di seta inglese, conosce Prospero di Vignon, nobile ufficiale piemontese di stanza a Londra. I due si sposano, ma presto la luna di miele londinese si interrompe: l’uomo deve rientrare a Torino. La giovane moglie lo raggiungerà dopo qualche settimana: una vita del tutto nuova avrà inizio per lei.
Durante il lungo viaggio dall'Inghilterra al Piemonte Anne si ammala di vaiolo, e la sua bellezza tragicamente sfiorisce. Quella che giungerà a Torino non sarà più la Anne di cui Prospero si era innamorato a Londra.
Apparentemente parrebbero esserci tutti gli ingredienti per un polpettone rosa piuttosto vintage; invece Il rumore del mondo è un romanzo potente, curatissimo, senza sbavature. Benedetta Cibrario ambienta il suo romanzo storico in un segmento importante di storia risorgimentale, e ricostruisce con sapienza lo spirito del tempo in tutte le sue sfaccettature: la politica e i costumi, la cultura e la morale.
Narrativa autentica.
Vi offro una pagina che descrive il disagio di Prospero quando Anne sta ormai per giungere a Torino. È il preludio di una vita coniugale tutt'altro che felice. Eppure, la giovane saprà affrontare la solitudine e trovare il suo posto nella vita.




Come a volte accade, Prospero non poteva sentire. Stava contemplando davanti a sé l’insondabile prospettiva che siamo abituati a chiamare futuro. Uno spazio vuoto, capace di dare le vertigini. Lo spazio reale invece – il guardaroba in cui i domestici stavano aprendo i bauli -  era ingombro di oggetti femminili. Annunciavano l’arrivo imminente di una donna. Un tipo particolare di donna: una moglie. Sua moglie.
Era un pensiero paralizzante. A Londra l’aveva voluta, desiderata e sposata. Non in quest’ordine, insomma, ma la somma dei fattori era davanti agli occhi, in quei bauli. Era un uomo sposato da poco più di tre mesi. Come mai, adesso, si sentiva così infastidito? Perché non riusciva a provare a Torino gli stessi sentimenti che aveva creduto di provare a Londra? C’era un grado di irrealtà con cui non era in grado di fare i conti.

26 agosto 2019

Akropolis: la grande epopea di Atene

Può un saggio storico avere l’efficacia avvincente di un romanzo?
Valerio Massimo Manfredi, con Akropolis: la grande epopea di Atene, vince la sfida e presenta con uno stile gradevolissimo - pur senza cedimenti all'approssimazione - la storia dell’antica polis: le origini mitologiche, la nascita della democrazia, l’egemonia e le guerre, lo splendore e l’arte. Ma soprattutto i personaggi che l’hanno resa grande: Pericle, Socrate, Alcibiade, Fidia…
Intorno alle vicende di Atene si dipanano quelle di altre città, e di altri popoli: Mileto, Sparta, la grande Persia…
Nomi e fatti che tutti già incontrammo almeno una volta sui libri di scuola, quand'eravamo ragazzi; ma a distanza di tempo è un piacere rispolverarli e assaporarli (finalmente senza l’assillo del compito in classe!).
Godetevi con me la pagina in cui si racconta che cosa accadde dopo la battaglia di Maratona.



A quel punto Dati [l’ammiraglio persiano] pensò a un'azione di contrattacco e diede ordine di far vela verso il Pireo. La città era difesa da poche truppe della riserva mentre il grosso delle forze era ancora a Maratona e inoltre, vedendo apparire la flotta persiana, gli ateniesi avrebbero certamente pensato che la battaglia era perduta, che la loro gioventù migliore era stata falciata e che conveniva arrendersi.
Milziade [il comandante ateniese] si rese immediatamente conto che l'enorme risultato della sua vittoria sarebbe potuto essere vanificato dall'abile contromossa del nemico se il governo non fosse stato avvertito. Chiamò Fidippide, il corridore, e gli comandò di raggiungere la città e di avvertire di non arrendersi per nessun motivo perché il loro esercito vittorioso stava per arrivare. 
Fidippide, dopo aver combattuto con i suoi compagni fino a giorno inoltrato, depose le armi e si slanciò di corsa sulla strada di Atene. Non poca di quella strada era in salita attraverso sentieri impervi e malagevoli, ma il giovane sapeva che era in gioco la salvezza della città. Arrivò al tramonto gridando con le ultime forze «Nike! Nike!» (Vittoria! Vittoria!) e crollò al suolo senza vita, stroncato dall'immane fatica. La città sbarrò le porte e rinforzò i corpi di guardia e quando la flotta di Dati si presentò in rada fu subito chiaro all'ammiraglio persiano che il vantaggio della sorpresa su cui contava era svanito. Gli ateniesi sapevano di aver vinto ed erano pronti a respingere qualunque attacco. Non gli restò che ritornarsene indietro ad affrontare la collera del suo sovrano. Gli spartani arrivarono a battaglia finita e si ritirarono senza aver nemmeno messo mano alla spada. Fidippide aveva percorso in poche ore più di quaranta chilometri: il suo sacrificio viene ricordato ogni quattro anni nelle olimpiadi moderne quando atleti di tutte le parti del mondo gareggiano sulla stessa distanza da lui percorsa per guadagnare il riconoscimento più ambito e più prestigioso, quello dei corridori «maratoneti».

20 agosto 2019

Piacere puro

Leggere in riva al mare, mentre il giorno declina.
Piacere puro.
Buone vacanze a tutti i lettori!



26 luglio 2019

La collezione dei momenti felici

In questi giorni di canicola estiva, come farebbe piacere un bel tuffo nell'acqua impetuosa e fresca di un torrente!
Anche Tom e Adaora, protagonisti de Il velo dorato, regalano a se stessi una giornata di vacanza in riva al Favero. Con loro c'è Luca - "Penna Veloce" per gli amici - cui il "ragazzino un po' marrone" si sta affezionando sempre più.
Adaora vive quel momento di rara leggerezza con una gratitudine incommensurabile.
Rileggiamo insieme quella pagina così fresca...



Andarono sulle rive del Favero, presso una spiaggetta che Luca conosceva bene. I pendii erano punteggiati di gruppi che allestivano i pic-nic: tavolini pieghevoli, bracieri per grigliate, enormi borse termiche. 
Adaora, Tom e Luca e non erano così organizzati: si limitarono a stendere un plaid su uno scampolo di prato, e a mettere all'ombra il sacchetto dei panini. Le bibite le collocarono al fresco tra i sassi del torrente, in un punto in cui l'acqua scorreva meno impetuosa. Chiacchierarono, scherzarono, presero il sole. 
Verso mezzogiorno, nel momento più caldo della giornata, Tom si tuffò nel Favero. Proprio in quel momento sopraggiunsero alcuni altri ragazzini e Tom fece subito amicizia con loro, anche perché ne conosceva già un paio: avevano frequentato insieme il centro estivo, fino a due settimane prima. Si divertirono a schizzarsi acqua l'uno con l'altro, fino a diventare lividi per il freddo. 
– Grazie per tutto questo – mormorò Adaora osservando suo figlio che sguazzava spensierato.
– È piacevolissimo anche per me – ammise Luca, e tornò a distendersi sul plaid, stiracchiandosi pigramente.
– Aggiungo un momento felice.
– Aggiungi che? Dove?
– No, niente. Ho una collezione immaginaria, raccolgo i momenti felici e li conservo nella memoria. Così quando sono triste ci ripenso e mi sento un po’ meglio.
– Ne hai già raccolti tanti?
– Parecchi, sì.
– Me ne racconti qualcuno?
– Uno è adesso. Gli altri non te li posso dire. La mia collezione è segreta.
– E i momenti brutti? Raccogli anche quelli?
– No, quelli me li porto dentro e basta. Vorrei solo dimenticarli, ma a volte mi capita persino di sognarli di notte.
– Non pensi che parlandone con qualcuno potresti liberartene?
– No – rispose Adaora, con un tono secco che non ammetteva repliche. E per essere certa che la conversazione finisse lì, si alzò di scatto e si tolse il prendisole: – Vado a farmi un bagno.
Luca si sollevò a sedere e rimase a osservare la giovane donna che raggiungeva il torrente e s’immergeva nell'acqua fino a metà gamba. Indossava un vecchio bikini giallo limone, che spiccava sul nero della pelle ed evidenziava le forme perfette. Le gocce d’acqua brillavano come diamanti sul corpo liscio e tonico. Penna Veloce non riusciva a distogliere lo sguardo da Adaora, come prigioniero di un’attrazione fisica irrefrenabile.
– Luca, non vieni anche tu a fare il bagno? – gli chiese Tom, invitandolo con un ampio gesto del braccio.
– Meglio di sì – convenne il giovane. E si tuffò rapidamente nell'acqua freddissima.
Terminato il bagno, si asciugarono al sole. Poi tirarono fuori i panini e pranzarono insieme. Adaora aveva preparato una torta alla frutta.
– È deliziosa!
– Nonna Rosa m’insegnò.
Tom ne portò alcune fette ai suoi nuovi amici, che facevano pic-nic poche decine di metri più in là. Poco dopo i ragazzini contraccambiarono offrendo loro tre enormi fette di anguria freschissima.
– Allora Tom, sei contento? – gli chiese Penna Veloce, affondando il viso nello spicchio di cocomero.
– Minchia! – esclamò il ragazzino. Come dire che per lui quello era stato il più bel Ferragosto di tutta la vita.

22 luglio 2019

Marcovaldo

Quando mi capitò di leggere - ai tempi della scuola - alcuni racconti tratti da Marcovaldo di Italo Calvino, rimasi un po' perplessa: non c'era nulla d'interessante nelle vicende di questo manovale un po' sfigato, ambientalista ante litteram, soffocato dall'ambiente cittadino e dalle responsabilità quotidiane. E poi non c'era mai un lieto fine: ogni volta il povero Marcovaldo - dopo aver cercato almeno un po' di natura nel grigio della metropoli - sbatteva il naso contro la realtà e ne usciva inevitabilmente scornato. 
Nei giorni scorsi mi è capitato in mano il volume completo, e l’ho riletto in poche ore. Che dire? Marcovaldo mi ha fatto tenerezza. Probabilmente sto invecchiando.
Le cose gli vanno sempre male, ma ogni volta si rialza e ricomincia a cercare frammenti di bellezza in una quotidianità frustrante: il cielo stellato, un tenero coniglietto, la pioggia e le foglie, i funghi che crescono in una piccola aiuola, la neve che cambia l’aspetto delle cose. Sensibile e ingenuo, eterno bambino, Marcovaldo assomiglia un po' a Charlie Brown: non c'è delusione che riesca a stroncare la sua caparbia capacità di sognare e ricominciare.
Volete sorridere? Rileggete con me qualcuna delle (dis)avventure di Marcovaldo al supermarket…



- Papà, lo possiamo prendere questo? chiedevano i bambini ogni minuto.
- No, non si tocca, è proibito, - diceva Marcovaldo ricordandosi che alla fine di quel giro li attendeva la cassiera per la somma.
- E perché quella signora lì li prende? - insistevano, vedendo tutte queste buone donne che, entrate per comprare solo due carote e un sedano, non sapevano resistere di fronte a una piramide di barattoli e tum! tum! tum! con un gesto tra distratto e rassegnato lasciavano cadere lattine di pomodori pelati, pesche sciroppate, alici sott'olio a tambureggiare nel carrello.
Insomma, se il tuo carrello è vuoto e gli altri pieni, si può reggere fino a un certo punto: poi ti prende un'invidia, un crepacuore, e non resisti più. Allora Marcovaldo, dopo aver raccomandato alla moglie e ai figlioli di non toccare niente, girò veloce a una traversa tra i banchi, si sottrasse alla vista della famiglia e, presa da un ripiano una scatola di datteri, la depose nel carrello. Voleva soltanto provare il piacere di portarla in giro per dieci minuti, sfoggiare anche lui i suoi acquisti come gli altri, e poi rimetterla dove l'aveva presa. Questa scatola, e anche una rossa bottiglia di salsa piccante, e un sacchetto di caffè, e un azzurro pacco di spaghetti.
Marcovaldo era sicuro che, facendo con delicatezza, poteva per almeno un quarto d'ora gustare la gioia di chi sa scegliere il prodotto, senza dover pagare neanche un soldo. Ma guai se i bambini lo vedevano! Subito si sarebbero messi a imitarlo e chissà che confusione ne sarebbe nata!

17 luglio 2019

Addio, Andrea Camilleri

La notizia della morte di Andrea Camilleri mi coglie in una mattinata di vacanza, mentre stesa al sole leggo l'ultima sua opera, acquistata da pochi giorni.
C'è sempre stata una distanza abissale fra le sue posizioni (politiche, sociali, religiose, culturali...) e il mio personale sentire; eppure, non ho mai potuto evitare di riconoscere fra le sue pagine la genialità del grande scrittore. Possiedo tutti i suoi romanzi, e ciclicamente li rileggo.
E devo sinceramente ammettere che Camilleri è stato anche - a tratti - un vero poeta.

"...ma il fatto è che quando hai sbacantato i cassetti trovi una quantità di carte vecchie, scordate, alcune delle quali, quasi a forza, vogliono essere lette e tu, inevitabilmente, finisci col precipitare sempre più in fondo al gorgo della memoria e ti tornano a mente macari cose che per anni e anni hai fatto di tutto per scordare. È un gioco tinto, quello dei ricordi..."
(A. Camilleri - L'odore della notte)


11 luglio 2019

Il romanzo di Matilda

Tutti abbiamo "incontrato" Matilde di Canossa studiando storia a scuola, e qualcosa di lei ci è rimasto impresso. Magari non ricordiamo bene gli eventi di quel periodo (a cavallo fra l’XI e il XII secolo), forse la lotta per le investiture si perde nella nebbia di pagine lontane, ma il nome di Matilde sicuramente non l’abbiamo dimenticato. 
Fu colei che tenne testa (anche con le armi) all'imperatore, e che amò (fin troppo, stando alle malelingue) il papa. Potente feudataria, donna di grande vision politica, fu l’artefice della grande umiliazione di Enrico IV. Se l’espressione "venire a Canossa" è tuttora proverbiale, lo dobbiamo a lei.
Ebbene: la scrittrice Elisa Guidelli, ne Il romanzo di Matilda, tenta una trasposizione narrativa di questa figura formidabile. Ne ricostruisce la biografia con buona esattezza storica, e nello stesso tempo riesce a dipingere con vive pennellate il ritratto di una donna appassionata e passionale, dotata di straordinaria forza e capace di grande fragilità, fedele ai suoi ideali e nello stesso tempo concretissima.


05 luglio 2019

Piccole gioie

Ho approfittato di un giorno di ferie per regalarmi qualche ora di rara lentezza.
Andare in biblioteca e scegliermi con calma un nuovo romanzo.
Comprarmi una bottiglietta d'acqua fresca.
Passeggiare nel parco e cercare una panchina all'ombra.
Sedermi fra i pini a leggere nel silenzio mattutino.
Cose così.
Piccole gioie.
Poi, ad un certo punto, sono arrivate due signore di una certa età, hanno individuato una panchina a pochi metri dalla mia, e si sono scambiate un cenno di intesa. Poi si sono sedute, hanno tirato fuori dalle borse un libro ciascuna, e si sono messe a leggere. Sembrava la succursale della biblioteca, versione outdoor. 
Comunque erano davvero due distintissime, gradevolissime signore. E dev'essere bella, l'amicizia fra loro.


04 luglio 2019

Il verbo leggere...

La sapeva lunga, il buon Gianni Rodari
«Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo? Se si mettessero insieme le lagrime versate nei cinque continenti per colpa dell’ortografia, si otterrebbe una cascata da sfruttare per la produzione dell’energia elettrica. Ma io trovo che sarebbe un’energia troppo costosa. Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli: per esempio la torre di Pisa»  
(da Il libro degli errori).
No, il verbo leggere non sopporta l'imperativo: la lettura è un'avventura!!!


20 maggio 2019

Il pacere non può aspettare

Ero immersa nella lettura, quando mio figlio ha dato un’occhiata distratta alla copertina del libro che avevo fra le mani, e ha sorriso divertito. Che cosa diamine stava leggendo sua madre? Dal titolo poteva sembrare un romanzetto erotico-sentimentale, lontano anni luce dai consueti gusti letterari.
Invece no. Il piacere non può aspettare è un romanzo delicato e luminoso, in cui la scrittrice indiana Tishani Doshi riesce a raccontare tutto il mondo delle sue origini.  
Babo, il primogenito di una famiglia indiana profondamente tradizionale, va a Londra per un’esperienza di studio e di lavoro. L’impatto con la cultura occidentale non è facile; ma il giovane ben presto conosce Sian, una ragazza gallese che gli cattura il cuore. E fin qui gli ingredienti sembrerebbero quelli del classico romanzo d’amore: dal colpo di fulmine al matrimonio, attraverso varie vicissitudini, e poi avanti fino al “vissero per sempre felici e contenti”.
Ma in questo romanzo c’è qualcosa di più: una saga familiare che copre decenni di storia, in sapiente equilibrio tra affermazione di identità e rispetto per la diversità. Sullo sfondo, temi che colpiscono in carne viva chiunque abbia cuore e mente desti: la nascita e il dolore, il desiderio di felicità e la perdita di sé, la vecchiaia e la morte.
Vi offro una pagina delicata in cui il giovane Babo e la sua nonna Ba parlano d’amore...


Solo dopo che le donne se ne erano andate, e le stuoie di iuta erano state arrotolate e riposte, Babo raggiungeva sua nonna. Si sedevano insieme a cenare sotto le prime stelle, e a chiacchierare con il sottofondo dei grilli fra le piante. Ba gli raccontava storie di antenati di cui Babo sapeva pochissimo. Gli descriveva scandalosi matrimoni d’amore, incluso quello di sua sorella – fuggita con un giovane musulmano di un villaggio vicino, a mai più ritornata -, o quello del figlio di Banta-behn, che si era innamorato della cugina Damyanti, dalla pelle scura e butterata. Babo ascoltava attento, con la segreta certezza che il suo scandalo d’amore fosse il più appassionante.
“Tu amavi il nonno?” le chiese Babo una sera, durante la settimana di sciopero delle poste inglesi, quando per ben dieci giorni non aveva avuto notizie di Sian. “Quando è morto, non hai mai avuto la sensazione che saresti morta anche tu da quanto ti mancava?”
“Non era così per noi, Babo. Ci sono così tanti modi di amare una persona… Per noi era una cosa delicata, niente a che vedere con quello che senti adesso. Quello che provi tu è molto raro. Noi lo chiamiamo ekam. Dicono che si possa conoscere una sola volta nella vita, oppure mai. Alcuni lo hanno descritto come entrare in una grotta senza fine. Altri come sentire il cuore che brucia su un fuoco lento di loppa secca. Quando provi questo ekam hai l’impressione di poter eliminare qualsiasi colpa nel mondo, qualsiasi profanazione e qualsiasi sfortuna”.

18 maggio 2019

Appassionarsi ancora alla lettura

L'istituto superiore Bachelet di Abbiategrasso ha pubblicato sul sito della scuola una news che racconta l'incontro dei ragazzi con l'autrice de Il velo dorato.
Leggere quell'articolo ha risvegliato in me piacevoli ricordi e sincera gratitudine.
Se i miei romanzi giocano un piccolo ruolo fra le «motivazioni che inducono uno studente ad appassionarsi ancora alla lettura», e se riescono a suscitare «un profondo desiderio di approfondire alcune questioni», non posso esserne che felice.



«Sabato 16 marzo nell'auditorium dell’IIS Bachelet, nell'ambito del progetto cultura, si è tenuto un interessante incontro con Laura Blandino, autrice di alcuni romanzi quali “La camera bella”, “Tempo di cose nuove”, “Il velo dorato”. 
Gli studenti hanno potuto porre alla scrittrice numerose domande, dando origine così ad un vivace dialogo che spaziava dalla genesi dei romanzi, alle caratteristiche dei personaggi, dalle tematiche affrontate nei testi, alle motivazioni che inducono uno studente ad appassionarsi ancora alla lettura.
Si tratta di romanzi che hanno come protagonisti ragazzi che affrontano le problematiche dell’adolescenza. Proprio per questo dalle domande degli studenti è emerso un profondo desiderio di approfondire alcune questioni, come l’amicizia, il rapporto con i genitori, le relazioni affettive, l’accoglienza degli stranieri.
L’incontro si è dunque rivelato una preziosa occasione di dialogo e di libero confronto a partire dalla lettura condivisa di un testo».

06 maggio 2019

Lettere di Nicodemo

Ho sempre amato il genio letterario di Jan Dobraczynski, ma per lasciarmi catturare dalle Lettere di Nicodemo ho dovuto superare alcune resistenze. Innanzi tutto per la forma epistolare (che non è nelle mie corde) e per alcuni dettagli narrativi (non del tutto convincenti). In secondo luogo perché qualsiasi romanzo tenti di raccontare parole e gesti di Cristo, istintivamente mi urta: ogni virgola in più o in meno rispetto ai Vangeli suscita in me una sorta di diffidenza.
Tuttavia, seguendo il suggerimento di alcuni amici, ho proseguito la lettura cercando di lasciare da parte i miei preconcetti.
A lettura ultimata posso affermare che l’opera dello scrittore polacco è un tentativo ben riuscito di raccontare l’incontro di un uomo con la persona di Gesù. Nicodemo va alla ricerca del Galileo partendo da un proprio bisogno concreto, da un dolore struggente: spera che Gesù possa guarirgli la moglie malata. E a lui si accosta con un groviglio di riserve, dubbi, snobismo intellettuale e perplessità umanissime. 
È l’inizio di un lungo percorso interiore, che condurrà Nicodemo a una insperata, luminosissima resa senza condizioni.
Vi offro una pagina tratta dalla “terza lettera”, a mio avviso emblematica dell’approccio iniziale di Nicodemo…



Certamente ti meraviglierai all'udire che ho conversato con individui che si sono sottoposti ai sortilegi di questo galileo! Ma, vedi, la malattia di Ruth mi spinge a qualsiasi enormità, questa malattia che ogni giorno la indebolisce sempre più […].
Pur di por fine a questo tormento, sono disposto – per quanto me ne vergogni – a chiedere aiuto al galileo, Non rimproverarmi, Giusto. Di lui si racconta, tra l’altro, questo strano miracolo. A Cana in Galilea – villaggio situato lungo il pendio che scende fino al lago di Genezareth e in cui i giovani della regione sogliono celebrare le loro nozze – egli fu invitato a una di tali feste e prese parte al banchetto. Come accade in simili occasioni, questa gente rozza e intemperante beve vino e mangia focacce di miele oltre misura e puoi star certo che là non si fa attenzione alle preghiere e al digiuno, così come non si bada a raccogliere gli avanzi e a lavare bene il vasellame. Gli invitati bevono finché è possibile, poi cominciano a ballare senza tregua e a cantare a perdifiato. E sorvolo sul resto! Un fariseo non potrebbe mai prender parte a una tale baldoria impura: noi siamo qui per dare il buon esempio agli Am-ha’arez e non per approvare le loro sregolatezze. Il Galileo, per contro, non solo si è seduto al loro tavolo, ma ha addirittura mutato l’acqua in vino, quando questo è venuto a mancare!
Se questo miracolo si è davvero verificato, bisogna dire che un dono inestimabile è posto in mani irresponsabili. Distribuiamo pane, ma non vino! I miei servi portano, ogni giorno, una cesta di pane ai poveri e il mio amministratore ha recentemente calcolato che se io donassi quotidianamente due pani a ogni credente della Giudea, della Galilea e della Diaspora, tutto il mio patrimonio si esaurirebbe in tre giorni. Che cosa accadrebbe se, in luogo di pane e di esortazione alla preghiera, io offrissi a quei pezzenti una brocca di vino con un invito a divertirsi? Una elemosina offerta sconsideratamente non fa altro che incoraggiare i poveri alla più incosciente spensieratezza. 
Si dovrebbe giudicare però il valore di questo fatto anche sotto un altro aspetto. Quell'uomo ha cambiato grandi idrie d’acqua in vino a beneficio di suoi occasionali compagni, affinché essi potessero saziare i loro desideri smodati. Orbene, se egli è in possesso di un dono tanto potente, non sarebbe più giusto che ne facesse profittare i più degni? Non sarebbe più conveniente che egli sanasse la mia Ruth piuttosto che inondare di vino (e della migliore qualità, si dice) la casa di un contadino della Galilea? Se egli la guarisse! In tal caso saprei ben dimostrargli la mia gratitudine.

02 maggio 2019

World Bloggers Day 2019

Ho appena scoperto che oggi - come ogni anno dal 2010 - si celebra la “Giornata Mondiale dei Blogger”. Lì per lì ho sorriso: esistono proprio “giornate mondiali” per tutto, dall'hamburger alle tartarughe, dagli uccelli migratori all'igiene delle mani; c’è persino la giornata mondiale del vento!
A ben pensarci, però, accendere i riflettori sul "blogging" può avere un significato importante: da un lato per riconoscere la rilevanza del fenomeno, che sta lasciando un segno nel modo di comunicare dei nostri tempi; dall'altro per valorizzare la libertà di espressione dei “blogger”, che in molti paesi sono perseguitati (e non certo in senso metaforico: alcuni di loro ci hanno lasciato la pelle).
Quello che io curo da alcuni anni - “La lettura è un’avventura!” - è un piccolo blog senza pretese; però dal 2015 raccoglie pagine (queste sì, scritte da penne di valore) e spunti di riflessione. Perché non si perda mai - a nessuna età - “il piacere di leggere, il coraggio di sognare, la voglia di crescere”.


08 aprile 2019

Cassanico

Il velo dorato - come pure i due romanzi precedenti, La camera bella e Tempo si cose nuove - è ambientato a Cassanico, un’immaginaria cittadina piccola e quieta, che sorge sulla sommità di una collina e si estende lungo i suoi versanti, digradando dolcemente.
Tutt'intorno, la campagna: un ondeggiare di alture verdissime, vigneti e frutteti, pendii erbosi per il pascolo. Qua e là, le frazioni: gruppi di case rurali, villaggi piccoli ma dignitosi.
Tutto l’intreccio si svolge in un alternarsi armonioso di scorci cittadini e spazi campestri.





– È bello qui – commentò Tom, senza staccare lo sguardo dal paesaggio che scorreva fuori dal finestrino. 
– Stiamo lasciando la pianura, vedrai quante colline fra poco.
– Ci piacerà.
Si preannunciava una serena giornata estiva e il sole del mattino rendeva ancora più brillante la campagna: un ondeggiare di alture verdissime, vigneti e frutteti, prati e pascoli; un paesaggio profondamente diverso da quello siciliano, con cui lo sguardo di Tom aveva confidenza da sempre.
Pochi minuti dopo, all'orizzonte apparve la cittadina di Cassanico: sorgeva sulla sommità della collina più alta, e si estendeva lungo i suoi versanti, digradando dolcemente.

29 marzo 2019

Paola e Stefano

Intorno protagonisti de Il velo dorato si muovono altri personaggi, alcuni già noti ai lettori dei romanzi precedenti.  
In particolare, che fine hanno fatto Paola Stefano, protagonisti di Tempo di cose nuove?



Paola
Paola Bonvicino, Bonnie per gli amici, non è più la ragazza goffa e impacciata arrivata da Roma un anno fa. È tuttora una persona semplice, timida, di poche parole; ma ha imparato a credere in se stessa e a lasciarsi voler bene.
All’inizio del romanzo la incontriamo al Centro Estivo. Aiuta l’amica Lia nella gestione dei ragazzini, e accoglie Tom appena arrivato a Cassanico.
– Ciao, Tom! Che ci fai qui tutto solo? – gli chiese Bonnie un pomeriggio, notandolo seduto su una panca in un angolo del cortile, mentre tutti gli altri compagni giocavano a palla avvelenata. Gli sorrise, e si sedette accanto a lui. C’era ombra in quel punto del “campone”, si stava piacevolmente al fresco.– Me l’ha ordinato Lia. Per castigo, credo. O qualcosa del genere.– E come mai?– Perché ho detto minchia. A lei non piace.– Beh, non possiamo darle torto. Non è una bella parola.– Rocco la diceva sempre.– E chi era Rocco?– Era quello che faceva i lavoretti nella casa-famiglia. Quando si rompeva qualcosa o un rubinetto perdeva o si scrostava un muro o si bloccava la lavatrice, niente paura: chiamavamo Rocco. Era il tuttofare di nonna Rosa.– E chi era nonna Rosa?Tom raccontò. Con Paola si sentiva al sicuro: non aveva la chiacchiera facile, come certi tizi (e certe tizie, soprattutto) che anelavano a conoscere i fatti altrui per parlarne con tutti. Inoltre, il ragazzino percepiva in lei un interesse sincero; Bonnie ascoltava in silenzio, gli teneva incollato addosso lo sguardo serio dei suoi occhi nerissimi, di tanto in tanto annuiva con un breve cenno del capo.Lia li vide da lontano, capì e sorrise. Era nata un’amicizia.

Stefano
Anche Stefano è cambiato molto da quando, un anno prima, era arrivato a Cassanico da Roma pieno di rabbia e ribellione. Ora è un giovane uomo che sta prendendo in mano la propria vita, e si prepara per le selezioni dell’Accademia Militare.
In un dialogo con la coetanea Chiara, emerge la consapevolezza con cui Stefano sta costruendo il proprio futuro:
– Vero. Comunque in questa fase della mia vita le ragazze non sono più importanti come un tempo. Ciò che conta di più è riuscire a realizzare il mio sogno. Domenica sono stato di nuovo a Revinasco a parlare con il colonnello.– Il papà del maestro Guerra?– Sì, mi racconta un sacco di cose della vita militare. Quando lui parla, mi sembra quasi di essere lì, in accademia o in missione e desidero un sacco riuscire a intraprendere quella strada.– Diventare un soldato? – chiese Chiara, con affettuosa ammirazione. Stefano era maturato molto da quando l’aveva conosciuto un anno prima.– Diventare “vero uomo e comandante di uomini”, come dice il colonnello.– Anch’io spero di diventare una vera donna, un giorno… – disse Chiara, quasi tra sé e sé. E Stefano accolse in silenzio quell’accento d’inattesa sincerità.
Mentre si prepara per l’Accademia, Stefano coltiva la sua passione per il basket, di cui è giocatore a livello agonistico, e dà una mano nell’allenamento dei ragazzini. Tom ne rimane affascinato, e cerca istintivamente in lui la compagnia di una guida sicura.
Da quel giorno Tom iniziò gli allenamenti alla Virtus, tre volte la settimana. – Sei in gamba, negretto! – esclamò Stefano, alla fine della quinta seduta.– Grazie, grazie – rispose Tom, senza offendersi minimamente per l’appellativo. – Ti stai impegnando molto e per premiarti ti ho portato una cosa.Stefano tirò fuori dal suo armadietto una sacca sportiva e ne rovesciò il contenuto su una panca dello spogliatoio: c’erano due tute complete, calzoncini, magliette e persino un pallone da basket.– È tutto quasi nuovo – spiegò Stefano – Sono divise che ho usato pochissimo, perché in quel periodo ero cresciuto molto in fretta. Se ti fa piacere, puoi tenerle.Tom non riusciva a credere ai suoi occhi: – Davvero puoi prestarmele?– Te le regalo.– Anche il pallone?– Anche il pallone.– Anche la sacca?– Anche la sacca.Tom regalò a Stefano uno sguardo fiammeggiante di riconoscenza. Per un attimo provò l’impulso di abbracciarlo con slancio e solo il suo pudore di piccolo vero uomo lo trattenne.

14 marzo 2019

Chiara e Cecilia

Intorno protagonisti de Il velo dorato si muovono altri personaggi, alcuni già noti ai lettori de La camera bella.  
In particolare, che fine hanno fatto Chiara e Cecilia, l’adolescente e la ragazzina che ci hanno tenuto compagnia fra le pagine del primo romanzo?



Chiara 
Chiara sta crescendo, e acquisisce via via una più profonda consapevolezza di sé. Ha ormai diciannove anni (ne compirà venti in primavera), e frequenta il primo anno di università. 
La sua relazione con Luca si sviluppa, e lentamente cresce: grazie al tempo trascorso insieme, ma anche attraverso momenti di incomprensione e di insicurezza. Fino al travaglio logorante della gelosia.
Era questo il grande tarlo di Chiara: una sottile gelosia che la tormentava continuamente e che la rendeva insicura. Diceva a se stessa quanto fosse un sentimento irragionevole, perché Luca non le aveva mai dato motivo di temere. Eppure, non riusciva mai a essere completamente tranquilla. – Sei esagerata! – la rimproverava sempre Adriana.– Vorrei vedere te! Luca trascorre le giornate in ufficio circondato da chissà quante ragazze bellissime, poi arriva a casa e si ritrova fra i piedi quella là…– La nigeriana, intendi? Da quel che so, non è affatto a caccia di uomini. Le interessa suo figlio e basta.– Però a Ferragosto sculettava davanti a Luca in costume da bagno. L’ho saputo, sai? Le voci corrono, in città.– Appunto. Se ci fosse qualcosa di poco limpido, stai certa che ne verresti a conoscenza nel giro di poche ore.– Sarebbe comunque troppo tardi. Io non voglio perdere il mio Luca…– …e allora tienitelo stretto! – ribatté Adriana con un sorriso malizioso.

Cecilia
Cecilia, la sorella minore di Chiara, ha ora nove anni (ne compirà dieci in primavera), ma continua a essere la ragazzina tremenda, acuta e senza filtri che avevamo imparato a conoscere nei due romanzi precedenti. Ha conservato la sua capacità di esprimere in modo diretto e autentico le cose - belle o brutte, buone o cattive - che pensa e che prova. 
Quando Adaora sarà ingiustamente sospettata di furto, Cecilia non potrà fare a meno di prendere in pugno la situazione. Ovviamente a modo suo.
Cecilia, forte della sua faccia tosta, si recò con Tom e Pipetto presso la stazione dei carabinieri. A dire il vero impiegò mezz'ora buona per convincerli, ma alla fine riuscì a trascinarseli dietro, per amore o per forza. Non era umanamente possibile arginare il vulcano Cecilia, una volta iniziata l’eruzione.Al carabiniere di guardia si presentarono con tono educato ma deciso e chiesero del maresciallo Esposito.– Potete dire a me, se avete bisogno – rispose il giovane, senza prenderli troppo sul serio.– Lei non è il maresciallo vero? – insistette Cecilia.– No, io non sono il maresciallo.– E allora per cortesia ci lasci entrare, dobbiamo parlare con il maresciallo perché abbiamo importanti informazioni e sappiamo cose sui furti nelle ville e questo caso lo segue proprio lui.Il carabiniere di guardia stava per perdere la pazienza, quando il maresciallo Esposito, transitando davanti a una finestra del pianterreno, vide i tre ragazzini in strada e riconobbe Tom. Aprì il portone e si affacciò sulla soglia.– Ci sono problemi? – chiese con tono severo. […]– Lei è il maresciallo, vero? – chiese Cecilia; poi sorrise angelicamente – Sì, lo è: Tom me lo aveva detto che è pelato.– Perché mi cercate?– Abbiamo delle informazioni che potrebbero esserle molto utili.Il maresciallo Esposito li fece entrare e li ricevette nel suo ufficio. Cecilia rovesciò sulla scrivania un cumulo di foglietti e iniziò a descrivere con dovizia di particolari i risultati delle indagini. 
Il contributo dei ragazzini alle indagini non avrà alcuna rilevanza concreta, ma la dirompente iniziativa di Cecilia sarà per Tom una nuova, fondamentale prova di amicizia.

04 marzo 2019

La lettura nell'arte: Morisot

Torniamo al grande tema della lettura nell'arte; ovvero agli artisti che hanno catturato sulle loro tele le immagini di persone immerse nella lettura.
Qualche mese fa avevamo parlato di Renoir e della sua "Liseuse". Oggi vi offro un'altra opera a mio giudizio bellissima: il ritratto che la pittrice impressionista Berthe Morisot fece alla figlia Julie immersa nella lettura (1886).
Non è un dipinto famoso, ma sa cogliere con rara delicatezza l'atteggiamento assorto della ragazzina. 
E non so che farci: le adolescenti che leggono, mi commuovono.




 

23 gennaio 2019

Da dove la vita è perfetta

Il Villaggio Labriola è un quartiere popolare all’estrema periferia della città: casermoni fatiscenti, strade polverose, situazioni di disagio. In questa cornice grigia, la giovanissima Adele rimane incinta. 
Silvia Avallone, nel suo Da dove la vita è perfetta, intesse sapientemente una fitta trama di storie sofferte ed estreme. Pagina dopo pagina sa catturare il lettore: mente, cuore, pancia. Soprattutto, è capace di attraversare senza retorica e con grande delicatezza temi da vertigini: aborto, adozione, fecondazione in vitro, disabilità, adolescenza, conflittualità generazionale, crisi di coppia.
Storie parallele, che solo a tratti – per un poco – sembrano incrociarsi: esistenze al limite, poste di fronte a scelte destinate a cambiare la vita per sempre.


Era troppo stanca. Aveva camminato così tanto, quel giorno. Da sola. Nella città deserta di metà agosto, per strade e piazze che non aveva mai visto. E ogni volta era stata sul punto di fermarsi, salire su un autobus e tornare, ma qualcosa l’aveva spinta a non farlo.
Non poteva togliersi dalla testa che fosse capace di sognare. Quel puntino minuscolo, tra una decina di settimane, avrebbe aperto le palpebre e ascoltato la sua voce. E già adesso, in quel preciso istante, era in grado di sentire lei. Lei, che era la sua casa. 
Senza accorgersene, aveva risalito via Sant’Isaia fino a via Barberia, e l’ombra dei portici l’aveva protetta dall'incandescenza del sole. Aveva incontrato madonne affrescate con i loro bambini sotto le volte dei colonnati, il bassorilievo di un’Annunciazione. A guardarli, si era stupita dei colori vividi di quei palazzi: gialli, rosa, arancioni; la loro bellezza contro l’azzurro del cielo. […]
Adesso il centro storico le sembrava alla sua portata. Come un regno in balia del vuoto. Se lo conquistava piano piano, ammirata. Entrando nel fresco delle chiese. Sedendosi sulle scalinate.
Non lo sapeva, da dove le veniva quella necessità di camminare e camminare. Lo stava cullando, forse. In quella camera nera in fondo alla pancia, lo portava con sé e tentava di rassicurarlo.

09 gennaio 2019

La prima neve

La prima neve è sempre un'emozione. A volte però l'entusiasmo si esaurisce in fretta, se non si è abbastanza attrezzati: il freddo morde la pelle, penetra nelle ossa, e intorpidisce i pensieri.
Nella vita ci sono momenti in cui, per scaldarsi, occorre un amico...



Alcuni giorni dopo scese la prima neve. 
Per Adaora e Tom fu un’esperienza nuova ed entusiasmante: un mattino si svegliarono, scostarono il velo dorato e videro il marciapiede spruzzato di bianco. Fiocchi fitti turbinavano davanti alla finestra.
Quel pomeriggio il ragazzino raggiunse i suoi amici in Frazione San Giovanni. 
Indossava un bellissimo completo da neve azzurro, con pantaloni impermeabili e giubbotto di vera piuma d’oca: glielo aveva regalato Stefano. Per gli Obi si trattava di una benedizione: nel bagaglio che avevano portato dalla Sicilia non c’erano capi adatti ai freddi inverni del nord.
Pipetto e Cecilia coinvolsero Tom nei loro giochi da neve, divertendosi a scivolare giù da un pendio particolarmente ripido; l’innevamento non era ancora sufficiente per utilizzare il bob o lo slittino, ma un sacchetto di plastica sotto il sedere era perfetto alla bisogna.
– Credo di non essermi mai divertito tanto – ammise il ragazzino, dopo l’ennesima discesa a velocità mozzafiato.
Per merenda andarono alla fattoria e mangiarono una spettacolare granita fatta con la neve fresca: la sorella maggiore di Pipetto ne raccolse tre bicchieroni colmi e vi versò abbondante sciroppo d’amarene. 
Nevicò tutto il giorno e anche quello successivo.
Adaora era meno entusiasta: superato lo stupore dei primi istanti, iniziò a sperare che tornasse presto il bel tempo. Non amava il freddo umido che entrava nelle ossa, la neve sporca che rendeva difficile camminare sui marciapiedi, il traffico disordinato che faceva sempre arrivare il bus in ritardo. E poi non era attrezzata come suo figlio: indossava uno sull'altro tutti i capi più caldi che possedeva, ma non bastavano per ripararla adeguatamente dal gelo di quei giorni. Ciò che più la faceva soffrire era il freddo ai piedi: anche indossando i calzettoni più spessi nelle scarpe da ginnastica più pesanti, continuava a percepire una sensazione gelata che le irrigidiva le dita fino a farle male.
Tom osservava, capiva, taceva. Finché un pomeriggio bussò a casa Bonvicino e chiese di Stefano:
– Vorrei restituirti queste – gli disse, porgendogli un sacchetto con due divise della Virtus che il giovane era riuscito a procurargli poco tempo prima.
– Ma no, Tom. Te l’avevo detto: sono tue. Puoi tenerle.
– Grazie. Però preferirei scambiarle con qualcosa di più grande. E più caldo.
– Sei sicuro che non ti vadano più bene? A me sembrano proprio della tua taglia.
– Sì, ma… avrei bisogno di…
Il ragazzino si sentì con le spalle al muro e la voce gli si spense. Abbassò il capo e rimase in silenzio a fissare lo zerbino di casa Bonvicino. I fiocchi continuavano a cadere e gli si posavano sul berretto.
Paola, sopraggiunta pochi istanti prima, si avvicinò al fratello e gli mise una mano sulla spalla:
– Ricordi quel piumino rosso? E i doposci blu?
– Ma sono troppo grandi per lui, gli andranno bene sì e no fra tre o quattro anni…
– Daglieli adesso Ste. Nel frattempo saprà lui che farsene.
Tom sollevò lo sguardo e incontrò quello di Bonnie. Si rese conto che lei aveva capito, ma non si sentì umiliato per questo. Quando ebbe fra le braccia un enorme sacco di capi invernali, si sentì come accarezzato.
Restituì a Stefano le due divise della Virtus, ringraziò sorridendo e si dileguò con il cuore che gli scoppiava per la gratitudine.

[Laura Blandino - Il velo dorato - Piccola Casa Editrice, 2018]