20 maggio 2019

Il pacere non può aspettare

Ero immersa nella lettura, quando mio figlio ha dato un’occhiata distratta alla copertina del libro che avevo fra le mani, e ha sorriso divertito. Che cosa diamine stava leggendo sua madre? Dal titolo poteva sembrare un romanzetto erotico-sentimentale, lontano anni luce dai consueti gusti letterari.
Invece no. Il piacere non può aspettare è un romanzo delicato e luminoso, in cui la scrittrice indiana Tishani Doshi riesce a raccontare tutto il mondo delle sue origini.  
Babo, il primogenito di una famiglia indiana profondamente tradizionale, va a Londra per un’esperienza di studio e di lavoro. L’impatto con la cultura occidentale non è facile; ma il giovane ben presto conosce Sian, una ragazza gallese che gli cattura il cuore. E fin qui gli ingredienti sembrerebbero quelli del classico romanzo d’amore: dal colpo di fulmine al matrimonio, attraverso varie vicissitudini, e poi avanti fino al “vissero per sempre felici e contenti”.
Ma in questo romanzo c’è qualcosa di più: una saga familiare che copre decenni di storia, in sapiente equilibrio tra affermazione di identità e rispetto per la diversità. Sullo sfondo, temi che colpiscono in carne viva chiunque abbia cuore e mente desti: la nascita e il dolore, il desiderio di felicità e la perdita di sé, la vecchiaia e la morte.
Vi offro una pagina delicata in cui il giovane Babo e la sua nonna Ba parlano d’amore...


Solo dopo che le donne se ne erano andate, e le stuoie di iuta erano state arrotolate e riposte, Babo raggiungeva sua nonna. Si sedevano insieme a cenare sotto le prime stelle, e a chiacchierare con il sottofondo dei grilli fra le piante. Ba gli raccontava storie di antenati di cui Babo sapeva pochissimo. Gli descriveva scandalosi matrimoni d’amore, incluso quello di sua sorella – fuggita con un giovane musulmano di un villaggio vicino, a mai più ritornata -, o quello del figlio di Banta-behn, che si era innamorato della cugina Damyanti, dalla pelle scura e butterata. Babo ascoltava attento, con la segreta certezza che il suo scandalo d’amore fosse il più appassionante.
“Tu amavi il nonno?” le chiese Babo una sera, durante la settimana di sciopero delle poste inglesi, quando per ben dieci giorni non aveva avuto notizie di Sian. “Quando è morto, non hai mai avuto la sensazione che saresti morta anche tu da quanto ti mancava?”
“Non era così per noi, Babo. Ci sono così tanti modi di amare una persona… Per noi era una cosa delicata, niente a che vedere con quello che senti adesso. Quello che provi tu è molto raro. Noi lo chiamiamo ekam. Dicono che si possa conoscere una sola volta nella vita, oppure mai. Alcuni lo hanno descritto come entrare in una grotta senza fine. Altri come sentire il cuore che brucia su un fuoco lento di loppa secca. Quando provi questo ekam hai l’impressione di poter eliminare qualsiasi colpa nel mondo, qualsiasi profanazione e qualsiasi sfortuna”.

18 maggio 2019

Appassionarsi ancora alla lettura

L'istituto superiore Bachelet di Abbiategrasso ha pubblicato sul sito della scuola una news che racconta l'incontro dei ragazzi con l'autrice de Il velo dorato.
Leggere quell'articolo ha risvegliato in me piacevoli ricordi e sincera gratitudine.
Se i miei romanzi giocano un piccolo ruolo fra le «motivazioni che inducono uno studente ad appassionarsi ancora alla lettura», e se riescono a suscitare «un profondo desiderio di approfondire alcune questioni», non posso esserne che felice.



«Sabato 16 marzo nell'auditorium dell’IIS Bachelet, nell'ambito del progetto cultura, si è tenuto un interessante incontro con Laura Blandino, autrice di alcuni romanzi quali “La camera bella”, “Tempo di cose nuove”, “Il velo dorato”. 
Gli studenti hanno potuto porre alla scrittrice numerose domande, dando origine così ad un vivace dialogo che spaziava dalla genesi dei romanzi, alle caratteristiche dei personaggi, dalle tematiche affrontate nei testi, alle motivazioni che inducono uno studente ad appassionarsi ancora alla lettura.
Si tratta di romanzi che hanno come protagonisti ragazzi che affrontano le problematiche dell’adolescenza. Proprio per questo dalle domande degli studenti è emerso un profondo desiderio di approfondire alcune questioni, come l’amicizia, il rapporto con i genitori, le relazioni affettive, l’accoglienza degli stranieri.
L’incontro si è dunque rivelato una preziosa occasione di dialogo e di libero confronto a partire dalla lettura condivisa di un testo».

06 maggio 2019

Lettere di Nicodemo

Ho sempre amato il genio letterario di Jan Dobraczynski, ma per lasciarmi catturare dalle Lettere di Nicodemo ho dovuto superare alcune resistenze. Innanzi tutto per la forma epistolare (che non è nelle mie corde) e per alcuni dettagli narrativi (non del tutto convincenti). In secondo luogo perché qualsiasi romanzo tenti di raccontare parole e gesti di Cristo, istintivamente mi urta: ogni virgola in più o in meno rispetto ai Vangeli suscita in me una sorta di diffidenza.
Tuttavia, seguendo il suggerimento di alcuni amici, ho proseguito la lettura cercando di lasciare da parte i miei preconcetti.
A lettura ultimata posso affermare che l’opera dello scrittore polacco è un tentativo ben riuscito di raccontare l’incontro di un uomo con la persona di Gesù. Nicodemo va alla ricerca del Galileo partendo da un proprio bisogno concreto, da un dolore struggente: spera che Gesù possa guarirgli la moglie malata. E a lui si accosta con un groviglio di riserve, dubbi, snobismo intellettuale e perplessità umanissime. 
È l’inizio di un lungo percorso interiore, che condurrà Nicodemo a una insperata, luminosissima resa senza condizioni.
Vi offro una pagina tratta dalla “terza lettera”, a mio avviso emblematica dell’approccio iniziale di Nicodemo…



Certamente ti meraviglierai all'udire che ho conversato con individui che si sono sottoposti ai sortilegi di questo galileo! Ma, vedi, la malattia di Ruth mi spinge a qualsiasi enormità, questa malattia che ogni giorno la indebolisce sempre più […].
Pur di por fine a questo tormento, sono disposto – per quanto me ne vergogni – a chiedere aiuto al galileo, Non rimproverarmi, Giusto. Di lui si racconta, tra l’altro, questo strano miracolo. A Cana in Galilea – villaggio situato lungo il pendio che scende fino al lago di Genezareth e in cui i giovani della regione sogliono celebrare le loro nozze – egli fu invitato a una di tali feste e prese parte al banchetto. Come accade in simili occasioni, questa gente rozza e intemperante beve vino e mangia focacce di miele oltre misura e puoi star certo che là non si fa attenzione alle preghiere e al digiuno, così come non si bada a raccogliere gli avanzi e a lavare bene il vasellame. Gli invitati bevono finché è possibile, poi cominciano a ballare senza tregua e a cantare a perdifiato. E sorvolo sul resto! Un fariseo non potrebbe mai prender parte a una tale baldoria impura: noi siamo qui per dare il buon esempio agli Am-ha’arez e non per approvare le loro sregolatezze. Il Galileo, per contro, non solo si è seduto al loro tavolo, ma ha addirittura mutato l’acqua in vino, quando questo è venuto a mancare!
Se questo miracolo si è davvero verificato, bisogna dire che un dono inestimabile è posto in mani irresponsabili. Distribuiamo pane, ma non vino! I miei servi portano, ogni giorno, una cesta di pane ai poveri e il mio amministratore ha recentemente calcolato che se io donassi quotidianamente due pani a ogni credente della Giudea, della Galilea e della Diaspora, tutto il mio patrimonio si esaurirebbe in tre giorni. Che cosa accadrebbe se, in luogo di pane e di esortazione alla preghiera, io offrissi a quei pezzenti una brocca di vino con un invito a divertirsi? Una elemosina offerta sconsideratamente non fa altro che incoraggiare i poveri alla più incosciente spensieratezza. 
Si dovrebbe giudicare però il valore di questo fatto anche sotto un altro aspetto. Quell'uomo ha cambiato grandi idrie d’acqua in vino a beneficio di suoi occasionali compagni, affinché essi potessero saziare i loro desideri smodati. Orbene, se egli è in possesso di un dono tanto potente, non sarebbe più giusto che ne facesse profittare i più degni? Non sarebbe più conveniente che egli sanasse la mia Ruth piuttosto che inondare di vino (e della migliore qualità, si dice) la casa di un contadino della Galilea? Se egli la guarisse! In tal caso saprei ben dimostrargli la mia gratitudine.

02 maggio 2019

World Bloggers Day 2019

Ho appena scoperto che oggi - come ogni anno dal 2010 - si celebra la “Giornata Mondiale dei Blogger”. Lì per lì ho sorriso: esistono proprio “giornate mondiali” per tutto, dall'hamburger alle tartarughe, dagli uccelli migratori all'igiene delle mani; c’è persino la giornata mondiale del vento!
A ben pensarci, però, accendere i riflettori sul "blogging" può avere un significato importante: da un lato per riconoscere la rilevanza del fenomeno, che sta lasciando un segno nel modo di comunicare dei nostri tempi; dall'altro per valorizzare la libertà di espressione dei “blogger”, che in molti paesi sono perseguitati (e non certo in senso metaforico: alcuni di loro ci hanno lasciato la pelle).
Quello che io curo da alcuni anni - “La lettura è un’avventura!” - è un piccolo blog senza pretese; però dal 2015 raccoglie pagine (queste sì, scritte da penne di valore) e spunti di riflessione. Perché non si perda mai - a nessuna età - “il piacere di leggere, il coraggio di sognare, la voglia di crescere”.