23 aprile 2023

Giornata mondiale del libro

La Giornata mondiale del libro e del diritto d'autore nasce sotto l'egida dell'UNESCO nel 1996 per promuovere la lettura, la pubblicazione dei libri e la tutela del copyright. Il 23 aprile è stato scelto perché è il giorno in cui sono morti nel 1616 tre scrittori considerati dei pilastri della cultura universale: Miguel de Cervantes, William Shakespeare e Garciloso de la Vega.

Il libro e la lettura rappresentano un mezzo di approfondimento e di conoscenza, sono strumento di informazione e di apprendimento culturale, entrambi oggi indispensabili per superare le incertezze e le precarietà legate alla paura della globalizzazione, del cambiamento e del diverso. La lettura, che consiste anche in un piacere ineguagliabile per gli appassionati, ci consente di entrare in mondi, vite e tempi diversi e ci dà la possibilità di avvicinarsi a esperienze e realtà lontane dalla nostra, accrescendo così la nostra conoscenza e la consapevolezza di quanto il mondo che ci circonda sia poliedrico.
  
[Fonte: il sito dell'Unesco]



18 aprile 2023

Tutto chiede salvezza

Ho fatto un esperimento inusuale per me: nello stesso periodo ho letto un romanzo, e guardato una serie tivù tratta da esso. Il risultato mi ha piacevolmente sorpresa: la trasposizione televisiva, pur aggiungendo personaggi e vicende utili all'efficacia della sceneggiatura, è rimasta sostanzialmente fedele allo spirito del romanzo, rendendone appieno la drammaticità. 
In un soffocante mattino estivo, un ragazzo di vent'anni si risveglia ricoverato in ospedale. Com'è finito lì? Lo scopre poco più tardi, quando gli viene comunicato che è stato sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio.
Nel suo "Tutto chiede salvezza" Daniele Mencarelli accompagna il lettore in un viaggio negli abissi della mente umana; e nello stesso tempo scandaglia il bisogno di senso, di felicità - di salvezza, appunto - che tormenta il cuore di ogni uomo.
Vi offro una pagina che esprime in modo pregnante la drammaticità di questa sete.

"Oggi pomeriggio passa tuo fratello con qualche cambio, t'ho preso un po' de biscotti e de succhi de frutta, te serve altro?"
Mi piacerebbe dire a mia madre ciò che mi serve veramente, sempre la stessa cosa, da quando ho urlato il primo vagito al mondo. Quello che voglio per tanto tempo non è stato sempre semplice da dire, tentavo di spiegarlo con concetti complicati, ho trascorso questi primi vent'anni di vita a studiare le parole migliori per descriverlo. E di parole ne ho usate tante, troppe, poi ho capito che dovevo procedere in senso contrario, così, di giorno in giorno, ho iniziato a sfilarne una, la meno necessaria, superflua. Un poco alla volta ho accorciato, potato, sino ad arrivare a una parola sola. Una parola per dire quello che voglio veramente, questa cosa che mi porto dalla nascita, prima della nascita, che mi segue come un'ombra, stesa sempre al mio fianco. Salvezza. Questa parola non la dico a nessuno oltre me. Ma la parola eccola, e con lei il suo significato più grande della morte.
Salvezza. Per me. Per mia madre all'altro capo del telefono. Per tutti i figli e tutte le madri. E i padri. E tutti i fratelli di tutti i tempi passati e futuri. La mia malattia si chiama salvezza, ma come? A chi dirlo? 
O forse questa cosa che chiamo salvezza non è altro che uno dei tanti nomi della malattia, forse non esiste e il mio desiderio è solo un sintomo da curare. A terrorizzarmi non è l'idea di essere malato, a quello mi sto abituando, ma il dubbio che tutto sia nient'altro che una coincidenza del cosmo, l'essere umano come un rigurgito di vita, per sbaglio. 
"No mamma, non me serve nient'altro, te sta tranquilla me raccomando, va bene?"