29 novembre 2015

Un intenso profumo di resina

Inizia l’Avvento. È un tempo di attesa, che amo da sempre. Forse è il periodo dell’anno che sento maggiormente "mio".

Per questo non avrei potuto ometterlo ne La camera bella; in questa pagina, tratta dal primo capitolo della stagione invernale, trovano spazio tradizioni, profumi, un pizzico di poesia. E, soprattutto, l’inquieta trepidazione propria dell’adolescenza.

[...] Quando Chiara fu uscita, zia e nipote si misero all’opera. Cominciarono a intrecciare l’uno con l’altro i rami di abete raccolti durante il pomeriggio nel bosco del Tasso e dopo mezz’ora l’aria tiepida della casa era già impregnata di un intenso profumo di resina.
– Credo che anche questa sera saremo sole a cena. Ci scommetti che Chiara mangia di sotto con papà e mamma? – disse Cecilia, annodando un pezzo di rafia.
Marta si strinse nelle spalle: – Passerà.
Il risultato del loro lavoro fu un’ampia e profumatissima ghirlanda che Marta pose al centro del tavolo in sala. Poi prese quattro candele rosse e le infilò equidistanti l’una dall’altra fra i rami verdissimi.
– Com’è bella! – esclamò Cecilia emozionata.
– È una corona d’Avvento, Adventskranz in tedesco – spiegò la zia.
– Proviamo a vedere che effetto fa con le candele accese?
– Non ancora, Ceci. Ne accenderemo una, una sola, questa sera, quando saremo finalmente tutti a casa.
– Perché una sola? – domandò delusa la bambina.
– Perché sta per iniziare la prima domenica di Avvento.
– E sabato prossimo?
– Ne accenderemo due. E così via, fino a Natale.
Erano quasi le nove quando, chiuso finalmente il negozio, la famiglia Ansaldi al completo poté godersi qualche minuto di pace. La corona d’Avvento piacque molto, perché era davvero bella e conferiva alla casa un’atmosfera natalizia
del tutto nuova. Chiara propose di collocarla su un tavolino basso tra il divano e le poltrone. In quel modo, ci si poteva sedere tutti intorno comodamente.
– Buon Avvento a tutti – augurò Marta, accendendo con un fiammifero una delle quattro candele rosse.
Poi imbracciò la chitarra e cominciò ad arpeggiare.
Intonò alcuni canti natalizi della tradizione francese, poi ne intonò alcuni in italiano che anche le ragazze conoscevano. Nacque ancora una volta un piccolo coro!
– È già tutto finito? – chiese contrariata Cecilia poco dopo, vedendo Marta che riponeva la chitarra.
– La zia deve uscire: ha un impegno – spiegò prontamente mamma Ansaldi.
– A quest’ora? E con questo freddo? Ma sei matta? – protestò la bambina.
– Non ficcare il naso negli affari degli altri – tagliò corto il padre. Ma il tono di voce non era affatto severo.
Fu in quel momento che Chiara comprese di non essere l’unica in famiglia a sapere. Del resto, era stato ingenuo da parte sua immaginare che i genitori non fossero a conoscenza dell’amicizia fra Marta e Italo Guerra. Da parecchio tempo, infatti, nelle conversazioni salottiere di Cassanico si parlava, peraltro con grande simpatia e ammirazione, del legame tra il maestro e la professoressa.
[...]  Quella sera a letto la ragazza stentò a prendere sonno. Nella sua mente si affollavano suoni e immagini, come se stesse guardando contemporaneamente decine di film.
Si rigirò fra le lenzuola e cercò di mettere ordine fra i pensieri che le turbinavano in testa, come se fossero stati fotogrammi cinematografici da sistemare alla moviola. E l’uno dopo l’altro, guardò i diversi “film”.
“Ognuno ha la sua storia” pensò Chiara, annusando nell’aria il profumo di pino e di cera fusa, che dal salotto era arrivato fino in camera delle ragazze.
E sentì che nel suo cuore serpeggiava una specie di malinconia, perché quei film raccontavano, in realtà, la vita degli altri: parenti e amici a cui accadevano cose più o meno importanti. Mentre a lei, in fin dei conti, non capitava mai nulla di significativo. “I mesi volano e io passo il tempo guardando gli altri vivere” sospirò tra sé.

[...]