28 febbraio 2024

«Quanti libri! Non posso credere alla mia fortuna!»

Delizioso, e azzeccatissimo, questo fumetto che circola in rete. È ambientato in un tetro maniero, dove:
«Ora che sei mia sposa, non lascerai mai questo castello!» sentenzia lui, spietato.
«WOW! La tua biblioteca è fantastica!» replica lei, estasiata.
«Al di fuori del castello c’è un alto muro senza uscita, e al di là c’è una profonda foresta oscura, senza sentiero», prosegue lui.
«Immagino che la biblioteca sia anche mia, adesso che siamo sposati» dice lei, per nulla impressionata.
«La foresta brulica di lupi famelici, uccelli malvagi e spiriti di viaggiatori morti da tempo», rincara lui. 
«Quanti libri! Non posso credere alla mia fortuna!» esclama lei, prelevando alcuni volumi dalla libreria.
«Quando il sole tramonta, io mi trasformo in una belva feroce e volo nella notte, colto da una terribile sete di sangue!» conclude lui, dispiegando ampie ali da pipistrello.
«Ok. Io rimarrò qui a leggere. Arrivederci al mattino».
😂


21 febbraio 2024

Bastarde di Francia

Parigi, 1631.
Mi aspettavo un vero e proprio romanzo storico, ma “Bastarde di Francia – L’angelo e la vergine” si è rivelato, capitolo dopo capitolo, qualcosa di un po’ diverso: una sorta di feuilleton, tra intrighi di corte e amori impossibili. Non esattamente il genere che prediligo, insomma. Nello stesso tempo, devo riconoscere che ne ho apprezzato alcuni aspetti.

Le due autrici Alessandra Giovanile e Virna Mejetta hanno saputo rendere con efficacia luoghi e ambienti dell’epoca, forse anche grazie alla loro formazione in architettura. Che cosa mi ha più incuriosita? Una significativa parte della vicenda si svolge nella mia Torino.

Intendiamoci: è una Torino molto diversa da quella cui siamo abituati a pensare quando ripercorriamo i secoli gloriosi di Casa Savoia.
Siamo nel 1631, all’indomani di un’epidemia di peste che ha decimato la popolazione. La città si estende su un’area piuttosto limitata, cinta da mura e protetta da bastioni.

[...] La città, come la chiamava lui, era un paesotto immerso in una quiete irreale. Oltre il traffico vivace in prossimità della porta, la gente per le strade era poca e il silenzio artificioso. Forse faceva troppo freddo. 
La vettura percorse una strada dritta, affiancata da edifici in costruzione, poi ne costeggiò una più stretta, senza cambiare direzione. Sulla destra si ergeva il blocco di una fortezza che ricordava vagamente la Bastiglia.
Ci infilammo in un passaggio stretto, superando altri edifici non finiti e quella che Roero mi disse essere la cattedrale, dal profilo tipicamente italiano. [...]

Quello che poi diventerà Palazzo Reale non esiste ancora, lo si sta appena progettando. I duchi risiedono a Palazzo San Giovanni, che verrà demolito due secoli dopo; sorge poco distante, accanto al Duomo.

[…] C’era un giardino dietro il palazzo San Giovanni, proprio a ridosso del bastione della Madonna degli Angeli. Era bastione solo di nome: somigliava più a un casino di caccia, fatto per il riposo, le chiacchiere e le schermaglie amorose. Quella sera con Elisabetta eravamo quasi giunte al padiglione: io mi ero seduta mentre lei si era affacciata sulla campagna […]

Quello che un giorno diventerà Palazzo Madama (con la sontuosa facciata che Juvarra progetterà nel ‘700), ha ancora la denominazione originaria di Castello degli Acaja, e sembra una specie di fortezza, con quattro torri angolari.

[…] Attraversai la piazza sotto una pioggerellina fine per raggiungere il castello degli Acaja.
Le mura scure ricordavano più quelle di un luogo di tortura che quelle di un luogo di potere. Era stato porta della città romana e poi prigione. Aveva ospitato gli antenati di Vittorio e infine Cristina ne aveva preso un possesso così risoluto che ormai tutti in città lo designavano come sua sede alternativa: il Palazzo della Madama.
Il valletto mi condusse attraverso una teoria di stanze, fino a giungere agli appartamenti in prossimità della torre sud-orientale. Erano arredati con buon gusto, ma con un tocco antiquato da XVI secolo. Le pareti erano coperte da arazzi, più che da tappezzerie, e il lusso era ostentato, anche se gli si poteva riconoscere una certa eleganza. […]

Altre zone iconiche della città - come piazza San Carlo, la chiesa del Monte dei Cappuccini, la futura via Po – sono ancora in fase di progettazione.
Subito oltre il fiume, la collina è punteggiata di ville nobiliari – chiamate “vigne” – ciascuna circondata da terreni coltivabili. 

Il Castello del Valentino esiste già: è una sorta di “residenza fluviale”, che la duchessa ha scelto come proprio luogo di elezione, teatro di feste ed eventi. 
Per attraversare il Po, privo di ponti in pietra, si utilizzano le barche.

[…] Scendemmo la scalinata verso la riva con cautela: ogni gradino avrebbe dovuto avere un lumino, ma molti stoppini si erano spenti per l’umidità. Solo giunti al fondo di quell’oscurità alzai lo sguardo e rimasi stupefatta.
Avevo visto la residenza di campagna di Cristina da lontano: il grigio-azzurro dei tetti e più spesso solo il loro profilo appuntito e scuro, stagliato contro il rosseggiare del tramonto.
Ora, da vicino e perfettamente in asse con esso, notavo un’imponenza di ottimo gusto, i vuoti e i pieni perfettamente bilanciati tra loro, con le vetrate illuminate che luccicavano come fossero d’oro.
Il Po era nero e mosso da onde e le barche facevano la spola tra gli approdi. Era stato creato un cordone di zattere, riempite di lumi che si riflettevano nell’acqua mobile e che permettevano, a chi non fosse oberato da un abito come il mio, di percorrerle una dopo l’altra per attraversare il fiume a piedi. […]

Fuori città, il Castello di Rivoli è per i Savoia un luogo particolarmente caro.

[…] Il profilo severo del castello apparve all’improvviso.
Percorsero il viale che si inerpicava sulla collina, tanto folto di vegetazione da non dare l’idea dell’ascesa. Infine giunsero all’edificio, per nulla addolcito dalle arcate fatte aggiungere negli anni più recenti.
Di giorno l’interno del castello di Rivoli non aveva nulla di tetro. Le grandi sale erano invase di luce; le volte dipinte erano più sontuose che a Palazzo Ducale. Attraverso alcune finestre arrivava il vivace cinguettio dagli alberi che circondavano la collina. […]

Sulla strada verso la Francia, lassù in alto, si staglia la mole antica della Sacra di San Michele.

[…] «Ora posso aprire bocca?» rispose lui sarcastico. Posò il pugnale sul tavolo. «Qui passa la strada di Francia: è ben segnata e non è mai stata abbandonata all’incuria e…» Un bicchiere. «Noi siamo qui. Prenderete la strada verso ovest e, dopo un’ora di cammino, alla vostra sinistra incomberà l’antica abbazia di San Michele della Chiusa.»
Giunti a ridosso del complesso, lo sbigottimento li aveva fatti arrestare. Una mole che sembrava tenuta insieme da una moltitudine di archi rampanti spiccava sulla cima del monte come se vi fosse infilzata. L’ascesa dalla piccola strada insieme alla bruna umida dell’alba rendeva la sorpresa ancora più viva. […]



17 febbraio 2024

La Confessione di Domitilla

La Quaresima è un tempo liturgico "forte", in cui è bello riscoprire il Sacramento della Riconciliazione come esperienza di verità, di liberazione e di gioia.
L'undicesimo capitolo de "Il Capodanno di Domitilla" racconta proprio il momento in cui la giovane protagonista segue il suo desiderio di felicità, e si lascia abbracciare dal perdono di Dio...

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Si sedettero in un banco un po’ defilato, e padre Nicodemo s’inginocchiò pregando in silenzio. Domitilla non osò disturbarlo, e rimase a guardare ora la nuca di lui, ora la statua lontana. Passarono parecchi, lunghissimi minuti.

- Adesso ti lascerò sola per un po’ – bisbigliò il sacerdote mettendosi a sedere accanto a lei.
- Va già via? – chiese Domitilla, delusa.
- No, mi assento solo per un breve tempo. Qui fuori ci sono molti confessionali, e io desidero incontrarmi con il perdono di Dio.
- Lei? – si meravigliò Domitilla, spalancando gli occhi per lo stupore. Padre Nicodemo rise:
- Credevi che i preti non si confessassero?
- Non ci ho mai pensato, non saprei…
- Adesso lo sai. Siamo in un luogo che trasuda Grazia di Dio, qualcuno ha definito Medjugorje “il confessionale del mondo”. Io sono un povero peccatore, ma non così stupido da non approfittarne.
- E io?
- Tu sei libera di fare ciò che vuoi. Tornare in hotel, se lo desideri. Oppure cercare anche tu un confessore in lingua italiana, qui fuori. Altrimenti, puoi rimanere dove sei e aspettarmi pregando. Sarei felice di ritrovarti qui al mio ritorno.
- Allora credo che rimarrò – bisbigliò Domitilla, con un piccolo sorriso – Si sta bene qui, c’è molta pace.
- Sai che cosa disse un giorno la Madonna? «Gesù desidera riempire i vostri cuori di pace e di gioia». Esattamente quello che sta succedendo a te. Ma aggiunse anche: «Non potete, figlioli, realizzare la pace se non siete in pace con Gesù. Perciò vi invito alla confessione affinché Gesù sia la vostra verità e pace».
- Che ansia però… - ammise Domitilla, in un impeto di sincerità che intenerì il sacerdote.
- Ti capisco, ma sai come continuava quel messaggio? «Figlioli, pregate per avere la forza di realizzare ciò che vi dico. Io sono con voi e vi amo» - padre Nicodemo si alzò, e le lasciò scivolare fra le mani un cartoncino: - Qui c’è una traccia per fare un piccolo esame di coscienza, se può esserti utile. Altrimenti, chiedi solo a te stessa: che cosa mi impedisce di lasciarmi amare da Gesù? Quali sono i veri ostacoli alla mia felicità?
Le fece una carezza sul pompon, e uscì silenziosamente.
«Io sono con voi e vi amo». Che bello, pensò Domitilla. Qualunque cosa succeda, qualunque cavolata si possa commettere, «Io sono con voi e vi amo».
Chiuse gli occhi e si abbandonò al flusso dei pensieri, sorprendentemente tranquilla.

Quella Confessione fu per Domitilla un’esperienza di gioia cristallina e vera. Padre Nicodemo seppe accompagnarla con dolcezza e fermezza in un piccolo viaggio all’interno del suo cuore confuso. E dopo l’assoluzione le lasciò un suggerimento capace di pacificare ogni tensione:
- Ricordati: Dio non ti vuole perfetta. Per lo meno, non ti vuole perfetta nell’accezione che intendi tu, o che intende tua madre. Dio ti vuole felice. Dio ti vuole Sua.
Che bello, pensò Domitilla. Non capisco ancora bene che cosa significhi, ma già mi piace. 
«Io sono con voi e vi amo».

[Tratto da: Laura Blandino - Il Capodanno di Domitilla - Edizioni Mimep-Docete, Cap. 11]




11 febbraio 2024

La scala dei libri

L'immagine è ormai famosa, perché da anni circola sui social, ma forse non tutti sanno che si tratta della scalinata d'accesso alla biblioteca dell''Università di Balamand in Libano. 
Nell'intenzione dei creatori, l'opera vuole essere un omaggio ai più grandi libri di tutti i tempi, nonché un simbolo del ruolo chiave che l'ateneo rappresenta nel Libano attuale. 
Questa Università è stata fondata nel distretto settentrionale di El-Koura nel 1988, subito dopo la guerra civile libanese, e sorge su una collina affacciata sul Mar Mediterraneo. 



05 febbraio 2024