30 settembre 2018

Adaora

Fra le pagine de Il velo dorato possiamo incontrare tanti personaggi, le cui vicende si snodano in Val Favero stagione dopo stagione. Desidero presentarvene alcuni, condividendo con voi qualche passo del romanzo.

Adaora Obi è una giovane donna nigeriana, approdata sulle coste italiane durante le prime ondate migratorie degli anni ottanta. Il romanzo la coglie dodici anni dopo, quando giunge a Cassanico in compagnia di un figlio preadolescente.
Pur ferita dalla vita, Adaora è pronta a combattere ancora. Non si arrende, perché desidera profondamente un esito di felicità per sé, e soprattutto per suo figlio.
Ricominciare da zero non è semplice; ma alcune novità – straordinarie e semplici ad un tempo – sono ormai dietro l’angolo. Adaora farà esperienza di alcuni incontri che imprimeranno una svolta profonda alla sua vita.



Il viaggio pareva interminabile. Il treno sferragliava lungo lo Stivale, mentre Adaora spingeva lo sguardo nel buio della notte, oltre il vetro del finestrino. Indossava una maglietta azzurra e la solita vecchia salopette di jeans: non era certo vestita all’ultima moda, ma a lei piaceva così. Era come se quella specie di tuta avesse il potere di proteggerla; e il tascone della pettorina era perfetto per custodire i documenti (quanto aveva dovuto lottare e soffrire, per averli!). Ma soprattutto, conciata così Adaora evitava di attirare gli sguardi degli uomini; il suo corpo giovane ne aveva calamitati fin troppi in un passato ormai lontano.
Gli altri passeggeri dello scompartimento si erano assopiti; anche Tom dormiva, con il capo appoggiato sul petto della madre. Lo scialle dorato circondava le spalle a entrambi e riparava le loro braccia nude dal fresco della notte.
“Ce la faremo, bambino mio – gli disse con il pensiero – Ce l’abbiamo sempre fatta! Adesso dormi, dormi sereno. Domani arriveremo nel nuovo mondo e ricominceremo a lottare insieme. Ma io continuerò a proteggerti, non permetterò mai alla vita di farti male”.


[Laura Blandino - Il velo dorato - Piccola Casa Editrice]

27 settembre 2018

La folgore colpisce per la terza volta

Ho sempre pensato a Giovanni il Battista come ad un uomo rozzo, testardo, quasi violento, poco equilibrato. Una figura tutto sommato sgradevole, e comunque lontanissima dalla sensibilità di qualunque “persona normale”.
Lo scrittore polacco Jan Dobraczyński, nel suo romanzo La folgore colpisce per la terza volta, riesce invece a ritrarre l’ultimo dei profeti con tratti di profondissima umanità e autentica drammaticità.
Giovanni è un uomo che vive nel modo più radicale l’esperienza dell’attesa; e per il Messia rinuncia a tutto, sorretto da una fede disperata in Jahvé.  Ma quando il tempo sta per compiersi, non manca il travaglio delle tentazioni più cupe: e nell'oscurità della prigione, una voce suadente insinua dubbi feroci. 
Leggiamo questa pagina, e proviamo a chiederci: non è una tentazione umanissima, dopo aver dato tanto, esigere di passare all'incasso?


Di nuovo Giovanni fu spinto e percosso. Di nuovo gli strapparono di dosso la veste e gli gettarono sul viso i suoi stracci fetidi. La pesante porta di ferro che conduceva alla cella cigolò. Come il giorno precedente, fu gettato per le scale. Rotolò in basso e cadde sulla pietra. Non riuscì a trascinarsi fino al giaciglio.
Trascorse la notte ed egli giaceva sempre senza forze. Gli aguzzi dislivelli del pavimento di pietra gli tagliavano le carni.
Intorno era tenebra e tenebra era in lui. In quell’oscurità udì la voce. Questa volta non scherniva e non ridacchiava beffarda. Parlava con dolcezza, con calma, con soavità.
- Vedi come sei stato trattato. Eppure hai servito per tutta la vita. Per tutta la vita Gli hai preparato la via. Egli è venuto, ti ha portato via i discepoli, la fama e il cuore del popolo, ha preso il tuo posto. Approfitta dell’aureola di gloria che Gli hai preparato. E tu sei in prigione. Percosso, calpestato, avvilito. Questi depravati ti scherniscono. Ed Egli lo sa e lo tollera. Eppure potrebbe appellarsi al popolo. Se a migliaia venissero sotto il palazzo… Se pretendessero la tua liberazione… Antipa si spaventerebbe e ti lascerebbe andare. Ma Egli neanche si ricorda più di te. […] Niente Lo interessa oltre se stesso. Si preoccupa solo di Sé. Non ti ha nemmeno ringraziato. […] Mi fai pena, Giovanni… Quanta ingiustizia… Quanti torti… E ti ricordi ancora della piccola Efa? Aveva gli occhi neri, così belli, una bocca piccolina, graziose manine… Se non l’avessi respinta, avresti trovato consolazione. Non sai neppure quanto può dare in un momento di tristezza la donna che ama… Potresti chiederlo a suo marito. Non credere che sia poca cosa avere accanto in un momento difficile qualcuno che sia una cosa sola con te… Non l’hai provato mai. Vi hai rinunciato. Per Lui hai rinunciato a tutto. Gli hai dato tutto. Tutta la vita… Ed Egli, Egli che cosa ha fatto per te?
Strinse i pugni e i denti e mormorò:
- O Signore, fa’ tacere questa voce! Sembra dolce e pietosa, ma io so chi parla. Se fossi libero fuggirei questa parole. Ma non posso fuggire. Falla tacere… Quello che dice è menzogna! Menzogna! […]
- Gli hai dato la vita, tutta la vita - sembrava che dal profondo dell’oscurità salisse una grande dolcezza – Hai rinunciato all’amore della donna e dei figli. Non hai amici. Hai rifiutato la considerazione. Non hai voluto nemmeno essere chiamato profeta. Sei stato per Lui la voce… […] Ed Egli ha ritenuto che questo sia troppo poco. Per lui tutto è sempre troppo poco. E quando dà, dà soltanto a quelli che sceglie Egli stesso. A che Gli piace e non a chi lavora per Lui. Colma di grazia chi si ribella e pretende cose impossibili da chi Lo serve e Lo obbedisce…