12 settembre 2019

Promettimi che non morirai mai!

– Non abbandonarci zia, ti prego! Non puoi farlo, proprio il giorno di Pasqua! – Cecilia era dispiaciuta fino alle lacrime. Posò il pennellino e l’uovo decorato che teneva in mano.
[...]
– Capisco quello che provi, piccola Ceci. E mi spiace non poter essere con voi.
– Se ti spiacesse davvero, rimarresti! – reagì Cecilia, con un uso di congiuntivo e condizionale inaspettatamente perfetto nonostante la foga.
Marta fissò gli occhi azzurri della nipote e assunse un’espressione molto seria.
– Ascoltami, Ceci. Anche se tu insistessi fino allo stremo e piangessi e strepitassi, la mia decisione non cambierebbe. Ho accettato un invito che è molto importante per me, per la mia vita e tu sei abbastanza sveglia per capire che non lo declinerò.
Fece una lunga pausa, osservando la ragazzina che tirava su col naso e cercava di ricacciare indietro le lacrime. Le passò una mano sui riccioli biondi e proseguì: – Nella vita a volte ci sono grandi distacchi, come quando muore qualcuno che amiamo e ci sono anche piccoli distacchi, come quando una persona cara prosegue il suo cammino su una strada che è diversa dalla nostra. Io sono felice di vivere con voi e vi voglio un bene infinito. Un giorno però andrò a vivere in un’altra casa, perché quello sarà il mio posto, in un futuro che sta diventando sempre più vicino.
Cecilia tratteneva il respiro e guardava il volto calmo della zia con un’espressione sempre più spaventata. Deglutì.
– Adesso ti senti un po’ triste – incalzò Marta – perché io non sarò con te al pranzo di Pasqua. Ma fra pochi mesi io mi sposerò e andrò a vivere in Frazione San Giovanni. Il piccolissimo distacco di domenica ti allenerà al piccolo distacco di giugno, Ceci.
La ragazzina si chinò verso la zia e si rifugiò fra le sue braccia, affondando il viso nella felpa azzurra profumata di buono. Marta la strinse a sé e rimasero entrambe immobili a lungo, incuranti dei minuti che scorrevano veloci.
– Promettimi che non morirai mai! – mormorò Cecilia. 
Marta non rispose, ma la strinse ancora più forte.

[Laura Blandino - La camera bella - Piccola Casa Editrice]

02 settembre 2019

Il rumore del mondo

Nella prima metà dell’ottocento Anne Bacon, figlia di un ricco mercante di seta inglese, conosce Prospero di Vignon, nobile ufficiale piemontese di stanza a Londra. I due si sposano, ma presto la luna di miele londinese si interrompe: l’uomo deve rientrare a Torino. La giovane moglie lo raggiungerà dopo qualche settimana: una vita del tutto nuova avrà inizio per lei.
Durante il lungo viaggio dall'Inghilterra al Piemonte Anne si ammala di vaiolo, e la sua bellezza tragicamente sfiorisce. Quella che giungerà a Torino non sarà più la Anne di cui Prospero si era innamorato a Londra.
Apparentemente parrebbero esserci tutti gli ingredienti per un polpettone rosa piuttosto vintage; invece Il rumore del mondo è un romanzo potente, curatissimo, senza sbavature. Benedetta Cibrario ambienta il suo romanzo storico in un segmento importante di storia risorgimentale, e ricostruisce con sapienza lo spirito del tempo in tutte le sue sfaccettature: la politica e i costumi, la cultura e la morale.
Narrativa autentica.
Vi offro una pagina che descrive il disagio di Prospero quando Anne sta ormai per giungere a Torino. È il preludio di una vita coniugale tutt'altro che felice. Eppure, la giovane saprà affrontare la solitudine e trovare il suo posto nella vita.




Come a volte accade, Prospero non poteva sentire. Stava contemplando davanti a sé l’insondabile prospettiva che siamo abituati a chiamare futuro. Uno spazio vuoto, capace di dare le vertigini. Lo spazio reale invece – il guardaroba in cui i domestici stavano aprendo i bauli -  era ingombro di oggetti femminili. Annunciavano l’arrivo imminente di una donna. Un tipo particolare di donna: una moglie. Sua moglie.
Era un pensiero paralizzante. A Londra l’aveva voluta, desiderata e sposata. Non in quest’ordine, insomma, ma la somma dei fattori era davanti agli occhi, in quei bauli. Era un uomo sposato da poco più di tre mesi. Come mai, adesso, si sentiva così infastidito? Perché non riusciva a provare a Torino gli stessi sentimenti che aveva creduto di provare a Londra? C’era un grado di irrealtà con cui non era in grado di fare i conti.