16 dicembre 2019

Verso il Natale con «Il velo dorato»

In quello stesso momento, una volante dei carabinieri posteggiò davanti a un portone verde in via Donizetti. L’uomo in divisa scese dall'auto, diede un’occhiata ai campanelli e suonò in portineria.
– Ehi, qui è tutto in regola! Se qualcuno ha combinato qualcosa, io non c’entro un accidente! – esclamò la vecchia Ester, affacciandosi allarmata alla finestra del piano rialzato. 
– Mi può aprire, per cortesia?
La vecchia si affrettò, con una certa apprensione. 
– Entri pure. Non abbiamo niente da nascondere qui.
– Devo solo parlare con la famiglia Obi.
Quando Adaora aprì la porta del monolocale e si vide comparire davanti il maresciallo, rimase per qualche istante senza fiato.
– Posso entrare, signora Obi? – chiese l’uomo, togliendosi il cappello; poi soggiunse: – Mi scusi per l’intrusione; l’avevo promesso a Tom.
– Grazie, grazie! – esclamò il ragazzino, scattando in piedi come una molla.
– Buon Natale, Tom. Buon Natale, Adaora – disse il maresciallo; poi ebbe un attimo di esitazione e chiese: – Posso chiamarla Adaora, vero, signora Obi?
– Certo! – annuì la donna, con slancio. La gentilezza rispettosa che l’uomo aveva sempre dimostrato nei suoi confronti la metteva quasi in imbarazzo; non era abituata a sentirsi trattata con tanto riguardo.
– Vi piacciono i marron glacé? Ieri pomeriggio sono passato davanti alla pasticceria, ho visto i marron glacé in vetrina e ho pensato di prenderne un po’ per mangiarli oggi con voi.
Estrasse da sotto il cappotto una confezione dorata, e la posò sul tavolo, al centro di un’allegra tovaglia natalizia che la signora Ester aveva vinto con i punti del supermercato e aveva regalato a Adaora proprio il giorno prima.
Sedettero intorno al vassoio di marron glacé e li mangiarono quasi tutti. Nel frattempo chiacchierarono un po’, condividendo piccoli episodi di vita quotidiana. Soprattutto Tom parlava volentieri e si sentiva fiero di poter raccontare le sue imprese sportive a un uomo che, da ragazzo, aveva giocato a basket per parecchi anni.
Il maresciallo rimase con gli Obi per più di un’ora, ma il tempo volò come se si fosse trattato di un minuto. Adaora provò nuovamente la sensazione già sfiorata pochi giorni prima, nell'abitacolo della volante, quando Esposito li aveva accompagnati a casa: una specie di calore accogliente e semplice, in cui trovare riposo.
– Grazie per l'ospitalità – disse l'uomo raccogliendo il cappotto e il cappello che aveva appoggiato su un letto e avviandosi verso la porta.
– Grazie a lei per essere venuto, signor maresciallo.
– Adaora, può chiamarmi Giuseppe se le fa piacere.
– E io? – chiese Tom tutto speranzoso – Io come posso chiamarla?
– Tu puoi continuare a chiamarmi signor maresciallo – rispose, con un tono di voce fermo e severo. Gli passò una mano fra i capelli, scompigliandoli come solo lui sapeva fare e poi gli afferrò per un attimo la nuca, in un gesto energico che a Tom piaceva da morire.

[Laura Blandino - Il velo dorato - Piccola Casa Editrice, 2018]


09 dicembre 2019

Verso il Natale con «Tempo di cose nuove»

Quella sera i Bonvicino parteciparono alla messa di mezzanotte: pur non essendo particolarmente credenti, sapevano che quella liturgia era una tradizione molto sentita, ed era opportuno parteciparvi.
La signora Sissy era in gran forma, con i capelli freschi di parrucchiere e la pelliccia lunga fino ai polpacci. Entrando in chiesa aveva salutato una gran quantità di persone ormai a lei ben note: negli ultimi tempi le sue relazioni sociali si erano intensificate molto, anche grazie a Libby che intratteneva i rapporti con la “Cassanico bene”. Sissy era così entrata in quello che suo figlio chiamava sarcasticamente “il periodo salottiero”.
Quella sera anche il dottor Bonvicino, impettito e cordiale, sembrava perfettamente a suo agio. Per la verità doveva continuamente sbirciare i vicini di banco per capire quando sedersi e quando alzarsi, ma la scarsa dimestichezza con le faccende religiose non costituiva un ostacolo per lui: in ogni caso si trattava di un evento pubblico, e come tale papà lo viveva al meglio.
Stefano invece aveva un broncio infinito, perché avrebbe preferito essere ovunque ma non lì; non era tuttavia riuscito a sottrarsi.
Paola si guardava intorno con curiosità. La chiesa era gremita: parecchi sembravano lì solo per convenzione, ma molti erano sinceramente partecipi e ascoltavano raccolti. In un banco poco lontano Marta, seduta accanto a Italo, pregava con il capo chino e le mani sul grembo.
Padre Cipriano, un omone dal viso rubicondo e dalla lunga barba bianca e riccia, assomigliava un po’ a Babbo Natale e predicava con un tono caldo, appassionato, vivace. Parlava di una luce che rifulgeva nelle tenebre, di un eterno che entrava nel tempo, di un infinito che si faceva piccolo per raggiungere il cuore dell’uomo. Paola desiderò intensamente che tutto quello fosse vero.

[Laura Blandino - Tempo di cose nuove - Piccola Casa Editrice, 2016]


06 dicembre 2019

Jólabókaflóð: un'inondazione di libri per Natale!

Lo strano (e per noi impronunciabile) termine Jólabókaflóð significa in islandese "inondazione di libri per Natale".
È una bellissima tradizione nata in Islanda durante la seconda guerra mondiale, e tuttora vivissima: consiste nell'acquisto di libri tra settembre e dicembre, per lo scambio di regali natalizio. Sotto l'albero gli Islandesi amano trovare volumi d'ogni genere, e sono veri cultori della carta stampata. Non solo: l'usanza è trascorrere la notte di Natale leggendo per ore e ore.
Pensate che l’Islanda pubblica più libri pro capite di qualsiasi altro paese nel mondo; gli Islandesi sono appassionati lettori, e per loro un libro è il più grande regalo.
Forse anch'io ho qualche goccia di sangue islandese?


02 dicembre 2019

Verso il Natale con «La camera bella»

Quando Chiara fu uscita, zia e nipote si misero all'opera. Cominciarono a intrecciare l’uno con l’altro i rami di abete raccolti durante il pomeriggio nel bosco del Tasso e dopo mezz'ora l’aria tiepida della casa era già impregnata di un intenso profumo di resina.
– Credo che anche questa sera saremo sole a cena. Ci scommetti che Chiara mangia di sotto con papà e mamma? – disse Cecilia, annodando un pezzo di rafia.
Marta si strinse nelle spalle: – Passerà.
Il risultato del loro lavoro fu un’ampia e profumatissima ghirlanda che Marta pose al centro del tavolo in sala. Poi prese quattro candele rosse e le infilò equidistanti l'una dall'altra fra i rami verdissimi.
– Com'è bella! – esclamò Cecilia emozionata.
– È una corona d’Avvento, Adventskranz in tedesco – spiegò la zia.
– Proviamo a vedere che effetto fa con le candele accese?
– Non ancora, Ceci. Ne accenderemo una, una sola, questa sera, quando saremo finalmente tutti a casa.
– Perché una sola? – domandò delusa la bambina.
– Perché sta per iniziare la prima domenica di Avvento.
– E sabato prossimo?
– Ne accenderemo due. E così via, fino a Natale.
Erano quasi le nove quando, chiuso finalmente il negozio, la famiglia Ansaldi al completo poté godersi qualche minuto di pace. La corona d’Avvento piacque molto, perché era davvero bella e conferiva alla casa un’atmosfera natalizia
del tutto nuova. Chiara propose di collocarla su un tavolino basso tra il divano e le poltrone. In quel modo, ci si poteva sedere tutti intorno comodamente.
– Buon Avvento a tutti – augurò Marta, accendendo con un fiammifero una delle quattro candele rosse.
Poi imbracciò la chitarra e cominciò ad arpeggiare.

[Laura Blandino - La camera bella - Piccola Casa Editrice, 2014]