20 marzo 2016

E l'albicocco fiorì


Anche in Val Favero - luogo immaginario in cui è ambientato il romanzo La camera bella - inizia la primavera. E proprio in quel giorno Cecilia festeggia il suo compleanno.

La ragazzina è circondata dai suoi amici, gioisce della campagna in fiore, è scoppiettante come sempre; eppure, in un angolino del cuore, alberga un’ombra. Cecilia ha fatto esperienza del dolore…



Le piccole gemme bordeaux dell’albicocco un mattino si dischiusero in piccoli fiori delicati, di un rosa chiaro e discreto. […] L’aria era frizzante e la brezza sottile recava ancora in sé i residui dei rigori invernali. Il cielo però era azzurro e il sole sfolgorava sulla campagna. Era uno di quei giorni in cui pareva impossibile essere tristi.

– È tutto così fantastico! Mi piace, mi piace, mi piace! – esclamò Cecilia scattando l’ennesima foto a un ramo fiorito. Aveva la pancia piena di torta e gli occhi pieni di bellezza.  […]

Cecilia si sedette ai piedi dell’albero, appoggiando la schiena al tronco. Rabbrividì leggermente alla fresca brezza primaverile e si strinse nella felpa nuova. Fece un respiro profondo, guardando davanti a sé. La sua espressione si fece improvvisamente seria.

– Non ha fatto in tempo – mormorò.

– Chi? A fare che?

– La nonna. Non ha fatto in tempo a vedere l’albicocco fiorito. Le piaceva tanto…

Valentina e Pipetto tacquero: non sapevano che cosa dire. Cecilia non riusciva a distogliere l’attenzione dalla casa della nonna, con le persiane chiuse e il comignolo senza vita. Sentiva un nodo doloroso stringerle la gola.

– Mi manca. Mi manca tanto.

Erano trascorse due settimane dal giorno del funerale e la ferita bruciava. Cecilia continuava a essere la ragazzina allegra e spensierata di sempre, ma ogni tanto le capitava di incupirsi, quando il dolore si risvegliava in lei e la mordeva. Bastava un ricordo o un momento di nostalgia e subito le si chiudeva la gola. Allora cercava un angolino appartato e piangeva un po’, perché aveva scoperto che spesso le lacrime la aiutavano a sciogliere il dolore.

Valentina si sedette accanto a lei, sull’erba tenera punteggiata di primule, e le circondò le spalle con un braccio. Cecilia chinò il capo sulla sua spalla e le due testoline si appoggiarono l’una all’altra. Rimasero così a lungo in silenzio e quasi non si accorsero di Pipetto che, aggirato l’albero, aveva cominciato ad arrampicarvisi. Il tronco non offriva molti appigli, ma il ragazzino aveva un fisico forte e non ebbe difficoltà a raggiungere la chioma. Era ben allenato a questo genere di imprese, fin dalla più tenera età.

Con circospezione, attento a non guastare nulla, spezzò alcuni dei rami più belli e li raccolse in una specie di mazzo; poi lentamente ridiscese.

– Se vuoi possiamo andare – disse a Cecilia.

– Dove?

– Da tua nonna. Glieli portiamo.

La ragazzina ebbe un sussulto di tenerezza. Pipetto aveva il potere di stupirla con il suo cuore grande.

– Non ci sono mai più stata al camposanto. Quando ho nostalgia della nonna preferisco venire qui in Frazione San Giovanni e guardare la sua casa e ripensare a quando c’era lei. Però sono sicura che i fiori di albicocco le piacerebbero molto.

– Se vuoi possiamo andare – ripeté Pipetto.

– Sì, andiamo.

Nessun commento:

Posta un commento