08 gennaio 2021

Il primo fiore di zafferano

Prima di partire per la mia breve vacanza invernale, ho acquistato al volo alcuni e-book da leggere in montagna, pregustando lunghe serate al calduccio, mentre fuori scendeva la neve.

Ho scaricato anche un romanzo di cui non sapevo nulla, scelto fra le proposte editoriali in offerta, con un criterio “di pancia” che non mi è abituale: "Il primo fiore di zafferano" di Laila Ibrahim, scrittrice a me sconosciuta.  È stata una piacevole sorpresa: ho trascorso ore gradevolissime, immersa in una storia delicata e semplice.

Siamo nella Virginia di metà ottocento, terra di grandi piantagioni e drammatiche ingiustizie sociali. La schiava nera Mattie, mamma da poco, viene destinata alla casa padronale come balia della primogenita dei signori; dovrà quindi separarsi dal proprio bambino, per allattare e accudire la piccola Lisbeth. Lo strappo è lacerante, ma la donna sa bene di non avere alternative.

Giorno dopo giorno, poppata dopo poppata, germoglia fra la donna e la bambina un rapporto intenso, profondo, che le segnerà per tutta la vita.

Questa lunga storia inizia così...

Mattie era raggomitolata intorno al corpicino caldo di suo figlio quando l’odioso messaggero bussò. Rimase distesa sul giaciglio, restia a interrompere quel momento prezioso, e ascoltò il respiro pesante di suo nonno che dormiva. Guardò Samuel e gli premette il naso sul collo morbido per annusare quel dolce profumo di neonato. Asciugò con delicatezza il sudore che gli imperlava la fronte e gli diede un tenero bacio sulla tempia. Ci fu un altro insistente colpo alla porta. Mattie si alzò. Strinse Samuel così vicino a sé da sentire il suo respiro caldo sul petto e andò ad aprire strascicando i piedi sul pavimento di terra battuta. Si aspettava quella visita da settimane, l'aveva immaginata tante volte, ma guardava a quel momento con terrore. Aprire avrebbe segnato la sua vita per sempre, come uno spartiacque tra un prima e un dopo.


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