22 giugno 2018

Il risveglio della signorina Prim

Mi sono bastati due o tre giorni per gustare intensamente Il risveglio della signorina Prim, romanzo d’esordio della scrittrice spagnola Natalia Sanmartin Fenollera.
È una storia davvero inconsueta, ambientata nell’immaginario villaggio di Sant'Ireneo, i cui abitanti hanno scelto di vivere un’esistenza semplice e rurale, ma nello stesso tempo intrisa di cultura e ispirata alla tradizione.
La signorina Prim, giovane donna di città indipendente e razionale, colta e garbata, legge sul giornale l'annuncio di un posto di lavoro come bibliotecaria a casa di un "gentiluomo", e approda a sant’Ireneo. Sarà l’occasione per sfuggire a ritmi di vita e relazioni che non le appartengono più?
Il romanzo parla di libri, di cose belle da vedere, di cose buone da mangiare; descrive donne molto femminili e uomini molto maschili; vi trovano spazio le età della vita, i ritmi della natura, le domande profonde del cuore umano. Nostalgia di delicatezza e desiderio di bellezza: un binomio che in controluce percorre ogni pagina del romanzo.
Godetevi un dialogo fra amiche, tratto da una delle tante pagine in cui si chiacchiera amabilmente, intorno a the e pasticcini.

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La signorina Prim bevve un sorso di tè e si accomodò nella poltrona. Anche lei credeva nel valore delle piccole cose. Il primo caffè della giornata bevuto nella sua tazza di Limoges. La luce del sole che filtrava dalle persiane della sua stanza e disegnava ombre sul pavimento. Le letture estive interrotte per la siesta. L’espressione negli occhi dei bambini quando raccontavano qualcosa che avevano appena imparato. Le piccole cose costruivano quelle grandi, era proprio così. […]
Le due amiche la guardarono con benevolenza.
«Ho l’impressione che non ci siamo spiegate bene, Prudencia» disse Hortensia. «Non è il marito che deve essere armonioso, non è in lui che deve cercare l’armonia, no. È nella coppia che deve trovarla, nella combinazione dei due».
«E non solo» aggiunse la sua amica, «anche nella vita quotidiana, specialmente nella vita quotidiana, non è vero?»
«Certo. In questo senso è chiaro che Balzac non aveva affatto ragione, non sapeva nulla sull’argomento» disse la fiorista mentre tornava a riempire la teiera.
«Balzac?» chiese la signorina Prim, un po’ confusa.
«È curioso che le persone che vomitano le parole più acide contro il matrimonio sono proprio quelle che meno ne sanno. Tutta una vita a inseguirlo, a sospirarlo… per che cosa? Per raggiungerlo alla fine, quando era ormai malato e senza speranza. Una donna spaventosa, la contessa Hanska, mi è sempre sembrata il peggio del nostro sesso. Quindi, mi dica, che ne poteva sapere lui del matrimonio?»
«Ma cosa diceva Balzac sul matrimonio?» insistette la bibliotecaria.
«Diceva che il matrimonio deve lottare costantemente contro un mostro oscuro» rispose Emma con un sorriso.
«Intendeva la quotidianità» precisò l’amica.
«E non è così?»
«Assolutamente no. Non solo non è così, è anzi il più grande inganno del mondo, Prudencia. La causa di molta sofferenza, mi creda.
Emma Giovanacci si schiarì leggermente la gola e, avvicinando la sedia al tavolino da tè, riprese:
«Ha mai visto i fiori che crescono nella steppa russa?»
La signorina Prim rispose che purtroppo non aveva mai visitato la steppa russa.
«Be’, dovrebbe farlo. La steppa calmucca, nei dintorni di Stalingrado, è un luogo triste, arido e monotono. Se ci va d’inverno, è uno spettacolo desolante. Ma provi ad andarci in primavera, e vedrà che cosa trova.»
La bibliotecaria inarcò le sopracciglia in attesa di una risposta.
«Tulipani» sussurrò Emma Giovanacci.
«Tulipani?»
«Tulipani. Freschi e delicati tulipani selvatici. Tulipani che sbocciano ogni anno e ricoprono la steppa senza che nessuno li pianti. Be’, è di questo che si tratta, Prudencia. La quotidianità è come la steppa: non è un mostro, è un alimento. Se lei riesce a fare in modo che vi cresca qualcosa, può stare sicura che quel qualcosa sarà forte e autentico. Sono le piccole cose di ogni giorno di cui parlavamo prima. Ma il povero Balzac, con tutto il suo sentimentalismo romantico, non poteva saperlo, vero?»

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