11 luglio 2025

Come l'arancio amaro

"Come l’arancio amaro" è un romanzo corale e profondo che racconta la storia di tre donne le cui vite si intrecciano in modo drammatico nella Sicilia del Novecento. Ognuna affronta sfide personali e sociali in un mondo che spesso le costringe a rinunciare ai propri sogni.

Anni ’20: Sabedda, tipica ragazza "del popolo" senza il becco di un quattrino, vittima delle attenzioni violente del "baruneddu" di turno, è costretta a rinunciare alla figlia appena nata. Nel frattempo Nardina, giovane donna nobile e infelice, accetta il ruolo che la società le impone, e si adatta ad accogliere come figlia una neonata non sua.

Anni ’60: Carlotta, cresciuta in una famiglia che non le ha fatto mancare nulla (se non la tenerezza), lotta per diventare avvocato in un mondo dominato dagli uomini.

Le due linee temporali si intrecciano continuamente, perché in realtà sono due facce di un’unica storia.

Milena Palminteri esplora con sensibilità i conflitti interiori delle protagoniste: il senso di perdita, la ricerca della verità, il bisogno di affermazione e di amore. Le protagoniste affrontano traumi, segreti e ingiustizie, ma trovano anche il coraggio di cambiare, di perdonare e di riconciliarsi con sé stesse.

Appena terminata la lettura, mi è capitato qualcosa che non sempre accade: ho provato una specie di nostalgia. Ho pensato che Sabedda, Nardina e Carlotta mi sarebbero mancate. Immagino che questo sia un indicatore significativo di efficacia narrativa.

«Carlotta mia, io dell'arancio amaro conosco solo le spine e ormai non mi fanno più male. Ma il profumo del suo fiore bianco è il tuo, è quello della libertà»

La metafora dell’arancio amaro rappresenta bene l'esistenza delle protagoniste: si tratta di un albero che produce frutti belli, profumati, ma dal sapore aspro. Di più: è pratica diffusa in agronomia innestare sull’arancio amaro varietà di agrumi più pregiate, per ottenere piante più resistenti alle malattie e più adatte al terreno.

Questo contrasto tra apparenza e sostanza riflette la condizione delle donne nel romanzo: le protagoniste vivono in un mondo che spesso le giudica per ciò che appaiono, non per ciò che sono; e nello stesso tempo le loro vite sono segnate da rinunce, dolori, segreti e sacrifici. Da cui però germogliano inattese possibilità di rinascita e realizzazione.



07 luglio 2025

Tutta la vita che resta

«Perché cosa, cosa ne è, di noi, senza la speranza?»

Immaginavo un romanzo tutto sommato "light", da leggere nel tempo libero di un’estate assolata. Invece "Tutta la vita che resta" è un gran pugno nello stomaco. Nello stesso tempo cattura l’attenzione, e coinvolge il cuore. 

La storia ruota attorno a Marisa, una donna che negli anni Cinquanta sfida le convenzioni sociali rimanendo incinta fuori dal matrimonio. Dopo l’abbandono da parte del padre del bambino, trova un amore sincero e solido in Stelvio, garzone nella bottega del padre, che diventa suo marito e compagno di vita. Insieme costruiscono una famiglia, crescendo due figli: Ettore, appassionato di musica, e Betta, una ragazza vivace e solare.

Tuttavia, nell’estate del 1980, durante una vacanza sul litorale laziale, la serenità familiare viene spezzata da un evento drammatico: Betta viene violentata e uccisa. Con lei c’è Miriam, la cugina, che sopravvive ma resta segnata da un dolore silenzioso e paralizzante.

Il romanzo si concentra sulle conseguenze psicologiche di questa perdita: il lutto, la colpa, il silenzio, e la difficoltà di continuare a vivere quando tutto sembra perduto. 

Roberta Recchia riesce a raccontare questa storia con uno stile semplice e toccante, dando vita a un romanzo intenso e delicato che esplora le ferite profonde lasciate da una tragedia familiare, intrecciando passato e presente con grande sensibilità psicologica.