Primi anni '70. Lidia, quindicenne timida e solitaria, vive con il padre operaio e la madre fruttivendola in un povero appartamento ricavato nell'ex scuderia della palazzina di caccia di Stupinigi. La sua è una vita ripetitiva e banale, ma Lidia ha un sogno: andarsene di casa e diventare "un trovatore" per trovare il suo "amore da lontano", come facevano gli antichi poeti provenzali, che amavano dame distanti (e forse addirittura inesistenti).
Surreale e bizzarro - ma il paradossale è un po' la cifra dei romanzi di Paola Mastrocola - Più lontana della luna accompagna Lidia fino alle soglie della maturità. E offre alcune pagine di piacevole lettura.
«... Mi coprii il viso con le mani e scappai di là. Andai a chiudermi in bagno, ma non riuscii a rannicchiarmi nel mio solito buco, tra il muretto della vasca e il bidet. Facevo di corsa avanti e indietro quei tre metri di bagno, come un criceto in gabbia. Ero furente. Quando tornai in tinello, avevo addosso il cappotto di lana spessa, la sciarpa, gli stivali:
"Addio, vado a fare il trovatore!" dissi.
Mi uscì così, di colpo. Una semplice frase. Ma la parola trovatore era pesante, cadde in un tonfo sordo nell'aria opaca del tinello. Opaca perché in cucina cuoceva un minestrone, emanando nuvole stagnanti di vapore. Fu come un masso che si stacca all'improvviso dalla cima. Nessuno capì...»
"Addio, vado a fare il trovatore!" dissi.
Mi uscì così, di colpo. Una semplice frase. Ma la parola trovatore era pesante, cadde in un tonfo sordo nell'aria opaca del tinello. Opaca perché in cucina cuoceva un minestrone, emanando nuvole stagnanti di vapore. Fu come un masso che si stacca all'improvviso dalla cima. Nessuno capì...»
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