31 agosto 2024

Gli occhi di Monna Lisa

Lisa è una ragazzina sveglia e sensibile, che un giorno - all’improvviso – perde la vista per alcune ore. Gli accertamenti medici non evidenziano anomalie agli occhi, ma rimane il timore che il disturbo possa ripresentarsi. L’oculista suggerisce una terapia con uno psichiatra infantile, ma il nonno Henry non è dello stesso parere: se davvero Lisa rischia di perdere la vista per sempre, la cosa più importante è farle vedere più bellezza possibile, prima che scenda il buio.

Nasce così tra il nonno e la nipote una consuetudine segreta: ogni settimana Henry - fingendo con i genitori di accompagnare Lisa dallo psichiatra – in realtà la porta a visitare alcune tra le più belle opere d’arte ospitate dai musei parigini (il Louvre, il Museo d’Orsay, il Beaubourg). Un’opera a settimana, per cinquantadue settimane: un anno di bellezza, di contemplazione, di dialogo. Intanto il rapporto tra il nonno e la nipote cresce, e Lisa si affaccia sull’adolescenza.

L’autore Thomas Schlesser è storico dell’arte, prima ancora che scrittore, e sa il fatto suo. L’inserto fotografico all’interno del volume aiuta a seguire le descrizioni tenendo sotto gli occhi le immagini delle cinquantadue opere d’arte.

Se non si concludesse con un esplicito spot pro-eutanasia (piuttosto smaccato, e sostanzialmente inutile ai fini dell’intreccio narrativo), «Gli occhi di Monna Lisa» sarebbe il romanzo perfetto, per chi ama la letteratura e l’arte in pari misura. 
Lo stile è scorrevole, e a tratti quasi poetico; vi regalo una pagina intensa di delicatezza, e di colore.

Esposti all’aria cocente di luglio, i platani di Parigi erano ingialliti. Mentre camminava accanto al nonno, Lisa li notò.
«Dove va a finire il verde, quando scompare?» chiese. 
Henry si fermò di colpo. La domanda non aveva alcun senso dal punto di vista scientifico, naturalmente, ma era un enigma con una profonda risonanza metafisica. Scrutò l'orizzonte in silenzio per poi parlare con calma, a voce bassa.
«Hai ragione, Lisa...Dove vanno a finire il bianco della neve che si scioglie, il rosso del vulcano che si spegne, il porpora dell'amaranto che sfiorisce, il marrone dei capelli che ingrigiscono, l'azzurro del cielo quando il giorno finisce? Forse esiste un paradiso dei colori? Sono sicuro che lì i colori cantano, tuonano ed esplodono, si mescolano e si confondono, e volano via per tornare indietro. All'infinito».
La bambina osservò un castagno imponente come un gigante. 
«Sai, Dadé, presto, con l'arrivo dell'autunno, il giallo delle foglie diventerà arancione; quindi, se lo guardo a lungo, forse questo giallo mi colerà nella mente. Chissà, magari il paradiso dei colori e dentro di me!» esclamò.



08 agosto 2024

L'elisir dei sogni: la saga dei Campari

«Quel liquido rosso sanguigno era per il bambino la prova più tangibile dell’esistenza di suo padre e in esso immaginava racchiusa l’essenza stessa dell’uomo: una bevanda che ne portava il nome e che – ne era convinto – doveva essere spremuta direttamente dal suo enorme corpo, là sotto in cantina

Il giovanissimo Davide Campari ha un grande sogno: seguire le orme del padre Giacomo, morto prematuramente, e proseguire l’attività di famiglia creando nuovi elisir. Supportato dalla madre Letizia, coraggiosa e dolce a un tempo, Davide riuscirà a trasformare la liquoreria di famiglia in un’azienda che varcherà i confini del secolo.

Amo le saghe familiari che ripercorrono le vicende imprenditoriali e umane di chi ha saputo incidere sulla realtà (economica, sociale, spesso anche culturale) del proprio tempo. Penso a «I Leoni di Sicilia» (saga dei Florio, acclamato best seller), oppure a «La salita dei giganti» (saga dei Menabrea, che ho apprezzato oltre ogni dire). 

«L'elisir dei sogni» si colloca sulla stessa scia; Silvia Cinelli racconta – dosando bene precisione storica e creatività narrativa – la saga dei Campari, creatori del Bitter rosso e frizzante che ancor oggi volentieri sorseggiamo. 
Intorno ai personaggi principali ruota il mondo della Milano di fine Ottocento, con i suoi fermenti e le sue contraddizioni. 

«Sono strani questi tempi moderni, sono folli, scriteriati, sono tempi di lotte e di tentazioni rivoluzionarie.»