15 dicembre 2025

Al di qua del fiume

Quando avevo recensito con entusiasmo "La prima regina", molti mi avevano consigliato un altro bel romanzo storico di Alessandra Selmi: "Al di qua del fiume". Ho seguito il suggerimento, e mi sono addentrata in una storia piena di fascino.

La vicenda parte dalla nascita del villaggio operaio di Crespi d’Adda, tra i fiumi Adda e Brembo. Corre l’anno 1877, e l’imprenditore visionario Cristoforo Crespi, figlio di un tintore, sogna di costruire non solo un cotonificio all’avanguardia, ma addirittura un intero villaggio autosufficiente per i suoi operai, con case, scuola, chiesa, e ambulatorio medico.

Da questo sogno divenuto realtà si sviluppa una saga corale, che racconta le vicende della famiglia Crespi fino all’avvento del fascismo, ma non solo: segue anche le vite intrecciate di personaggi appartenenti a diverse famiglie operaie, prima fra tutte quella della giovane Emilia Vitali.

Il contesto storico è ricostruito con rigore ben documentato, ma nello stesso tempo si lascia spazio alle emozioni e alla dimensione intima dei personaggi.

Vi offro l'intensa pagina in cui Cristoforo porta con sé al cotonificio il figlio Silvio ancora ragazzino, e gli trasmette ciò che più ha a cuore...

Sovente [Cristoforo] si porta appresso Silvio, con la scusa che la scuola non è ancora ricominciata e che non è mai troppo presto per imparare il mestiere.
«È così che mi ha insegnato mio padre», dice al bambino mentre traballano nel landò diretti a Canonica. «Che ci fosse il sole o la pioggia, ogni estate, quando non c'era la scuola, mi caricava sul carretto insieme alle pezze da vendere.» Silvio annuisce, serio.
«Non una carrozza comoda come questa», continua Cristoforo battendo la mano sul sedile imbottito, mentre con la memoria ritorna a quei giorni scomodi e felici, alle levatacce, alla noia.
Si può dire che tutto quello che sa — tutto quello che è — lo ha imparato allora. Anche se era troppo piccolo per rendersene conto, il solo stare accanto a Toni Tengitt gli ha insegnato il mestiere, come se lo avesse assorbito.
Per questo pretende che Silvio passi tutto il suo tempo libero qui, anche se poi il bambino è insofferente e corre via nei campi o gioca a nascondino tra le macchine. L'importante non è quello che fa al cotonificio, ma quello che assimila, l'aria che vi respira.
«Dimmi un po'», lo interroga. «Vediamo se sei preparato.» «Sì, papà», risponde prontamente Silvio.
«Qual è la materia prima della Benigno Crespi?»
Questa è facile, il bambino tira un sospiro di sollievo. «Il cotone, papà.»
Cristoforo stringe le labbra e fa no con la testa. «Rifletti un po'», lo sollecita.
Silvio è allibito, davvero non sa cosa rispondere. Non pensava ci fosse un tranello nascosto nella domanda. «Uhm... l'acqua?» prova.
Cristoforo sorride un po'. «Prima ancora. Cosa viene prima dell'acqua?»
Suo figlio ammutolisce mentre con gli occhi saetta a destra e a sinistra in cerca di una risposta, che proprio non riesce a trovare.
Cristoforo si lascia andare sullo schienale e prende un bel respiro. «Gli uomini», butta fuori. Lascia passare qualche istante, affinché la risposta attecchisca nella mente del bambino, poi argomenta: «Sono gli uomini che fanno andare le macchine. Senza gli uomini, la fabbrica sarebbe un mostro senz'anima, un guscio vuoto, inerme. E il cotone non si raccoglie da solo: anche se molto lontani da qui, degli uomini hanno raccolto il mucchietto che hai gettato nella Crighton. Prima ancora, sono stati degli uomini a tirare su i muri della fabbrica e a scavare il canale».
A Silvio ora appare tutto chiaro — la risposta era così ovvia! — ma suo padre non ha finito.
«Le macchine sono tutte uguali; se una si rompe, ne compri un'altra e non noti nemmeno la differenza. Gli uomini, invece, sono unici. Se gli operai ti abbandonano, puoi avere la fabbrica più grande e moderna del mondo, ma non hai più niente. Non sei più niente. Noi siamo imprenditori del cotone grazie agli uomini, e agli uomini dobbiamo ogni cosa. Per questo è importante conoscerli tutti, di persona, i tuoi operai.»
Al bambino non sfugge quel «tuoi», messo lì quasi per caso.
«E loro devono conoscere te, devono sapere che su di te possono contare, che ci sei sempre, qualunque cosa accada. Devono vederti nei corridoi, devono sapere che ti interessi di loro e del loro lavoro. Devi far capire loro che tu conosci la differenza tra un uomo e una macchina, e che prima delle macchine a te stanno a cuore loro, le persone.»



02 dicembre 2025

Il Natale che non ti aspetti

Sull'autorevole rivista settimanale Topolino leggo una curiosità su come in Islanda si festeggia il Natale:

«Si festeggia con Jolablkaflod (letteralmente "inondazione di libri"), cioè l'usanza di regalare libri e trascorrere la notte di Natale e il giorno successivo a leggere beatamente».

[Da "Topolino" n°3604 del 18/12/24]