Nella vita ci sono momenti in cui, per scaldarsi, occorre un amico...
Alcuni giorni dopo scese la prima neve.
Per Adaora e Tom fu un’esperienza nuova ed entusiasmante: un mattino si svegliarono, scostarono il velo dorato e videro il marciapiede spruzzato di bianco. Fiocchi fitti turbinavano davanti alla finestra.
Quel pomeriggio il ragazzino raggiunse i suoi amici in Frazione San Giovanni.
Indossava un bellissimo completo da neve azzurro, con pantaloni impermeabili e giubbotto di vera piuma d’oca: glielo aveva regalato Stefano. Per gli Obi si trattava di una benedizione: nel bagaglio che avevano portato dalla Sicilia non c’erano capi adatti ai freddi inverni del nord.
Pipetto e Cecilia coinvolsero Tom nei loro giochi da neve, divertendosi a scivolare giù da un pendio particolarmente ripido; l’innevamento non era ancora sufficiente per utilizzare il bob o lo slittino, ma un sacchetto di plastica sotto il sedere era perfetto alla bisogna.
– Credo di non essermi mai divertito tanto – ammise il ragazzino, dopo l’ennesima discesa a velocità mozzafiato.
Per merenda andarono alla fattoria e mangiarono una spettacolare granita fatta con la neve fresca: la sorella maggiore di Pipetto ne raccolse tre bicchieroni colmi e vi versò abbondante sciroppo d’amarene.
Nevicò tutto il giorno e anche quello successivo.
Adaora era meno entusiasta: superato lo stupore dei primi istanti, iniziò a sperare che tornasse presto il bel tempo. Non amava il freddo umido che entrava nelle ossa, la neve sporca che rendeva difficile camminare sui marciapiedi, il traffico disordinato che faceva sempre arrivare il bus in ritardo. E poi non era attrezzata come suo figlio: indossava uno sull'altro tutti i capi più caldi che possedeva, ma non bastavano per ripararla adeguatamente dal gelo di quei giorni. Ciò che più la faceva soffrire era il freddo ai piedi: anche indossando i calzettoni più spessi nelle scarpe da ginnastica più pesanti, continuava a percepire una sensazione gelata che le irrigidiva le dita fino a farle male.
Tom osservava, capiva, taceva. Finché un pomeriggio bussò a casa Bonvicino e chiese di Stefano:
– Vorrei restituirti queste – gli disse, porgendogli un sacchetto con due divise della Virtus che il giovane era riuscito a procurargli poco tempo prima.
– Ma no, Tom. Te l’avevo detto: sono tue. Puoi tenerle.
– Grazie. Però preferirei scambiarle con qualcosa di più grande. E più caldo.
– Sei sicuro che non ti vadano più bene? A me sembrano proprio della tua taglia.
– Sì, ma… avrei bisogno di…
Il ragazzino si sentì con le spalle al muro e la voce gli si spense. Abbassò il capo e rimase in silenzio a fissare lo zerbino di casa Bonvicino. I fiocchi continuavano a cadere e gli si posavano sul berretto.
Paola, sopraggiunta pochi istanti prima, si avvicinò al fratello e gli mise una mano sulla spalla:
– Ricordi quel piumino rosso? E i doposci blu?
– Ma sono troppo grandi per lui, gli andranno bene sì e no fra tre o quattro anni…
– Daglieli adesso Ste. Nel frattempo saprà lui che farsene.
Tom sollevò lo sguardo e incontrò quello di Bonnie. Si rese conto che lei aveva capito, ma non si sentì umiliato per questo. Quando ebbe fra le braccia un enorme sacco di capi invernali, si sentì come accarezzato.
Restituì a Stefano le due divise della Virtus, ringraziò sorridendo e si dileguò con il cuore che gli scoppiava per la gratitudine.
[Laura Blandino - Il velo dorato - Piccola Casa Editrice, 2018]
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