Inizia l’Avvento. È un tempo
di attesa, che amo da sempre. Forse è il periodo dell’anno che sento
maggiormente "mio".
Per questo non avrei potuto
ometterlo ne La camera bella; in questa pagina, tratta dal primo capitolo della
stagione invernale, trovano spazio tradizioni, profumi, un pizzico di poesia.
E, soprattutto, l’inquieta trepidazione propria dell’adolescenza.
[...] Quando Chiara fu
uscita, zia e nipote si misero all’opera. Cominciarono a intrecciare l’uno con
l’altro i rami di abete raccolti durante il pomeriggio nel bosco del Tasso e
dopo mezz’ora l’aria tiepida della casa era già impregnata di un intenso
profumo di resina.
– Credo che anche questa
sera saremo sole a cena. Ci scommetti che Chiara mangia di sotto con papà e
mamma? – disse Cecilia, annodando un pezzo di rafia.
Marta si strinse nelle
spalle: – Passerà.
Il risultato del loro lavoro
fu un’ampia e profumatissima ghirlanda che Marta pose al centro del tavolo in
sala. Poi prese quattro candele rosse e le infilò equidistanti l’una dall’altra
fra i rami verdissimi.
– Com’è bella! – esclamò
Cecilia emozionata.
– È una corona d’Avvento,
Adventskranz in tedesco – spiegò la zia.
– Proviamo a vedere che
effetto fa con le candele accese?
– Non ancora, Ceci. Ne
accenderemo una, una sola, questa sera, quando saremo finalmente tutti a casa.
– Perché una sola? – domandò
delusa la bambina.
– Perché sta per iniziare la
prima domenica di Avvento.
– E sabato prossimo?
– Ne accenderemo due. E così
via, fino a Natale.
Erano quasi le nove quando,
chiuso finalmente il negozio, la famiglia Ansaldi al completo poté godersi
qualche minuto di pace. La corona d’Avvento piacque molto, perché era davvero
bella e conferiva alla casa un’atmosfera natalizia
del tutto nuova. Chiara propose
di collocarla su un tavolino basso tra il divano e le poltrone. In quel modo,
ci si poteva sedere tutti intorno comodamente.
– Buon Avvento a tutti –
augurò Marta, accendendo con un fiammifero una delle quattro candele rosse.
Poi imbracciò la chitarra e
cominciò ad arpeggiare.
Intonò alcuni canti natalizi
della tradizione francese, poi ne intonò alcuni in italiano che anche le
ragazze conoscevano. Nacque ancora una volta un piccolo coro!
– È già tutto finito? –
chiese contrariata Cecilia poco dopo, vedendo Marta che riponeva la chitarra.
– La zia deve uscire: ha un
impegno – spiegò prontamente mamma Ansaldi.
– A quest’ora? E con questo
freddo? Ma sei matta? – protestò la bambina.
– Non ficcare il naso negli
affari degli altri – tagliò corto il padre. Ma il tono di voce non era affatto
severo.
Fu in quel momento che
Chiara comprese di non essere l’unica in famiglia a sapere. Del resto, era
stato ingenuo da parte sua immaginare che i genitori non fossero a conoscenza
dell’amicizia fra Marta e Italo Guerra. Da parecchio tempo, infatti, nelle
conversazioni salottiere di Cassanico si parlava, peraltro con grande simpatia
e ammirazione, del legame tra il maestro e la professoressa.
[...] Quella sera a letto la ragazza stentò a
prendere sonno. Nella sua mente si affollavano suoni e immagini, come se stesse
guardando contemporaneamente decine di film.
Si rigirò fra le lenzuola e
cercò di mettere ordine fra i pensieri che le turbinavano in testa, come se
fossero stati fotogrammi cinematografici da sistemare alla moviola. E l’uno
dopo l’altro, guardò i diversi “film”.
“Ognuno ha la sua storia”
pensò Chiara, annusando nell’aria il profumo di pino e di cera fusa, che dal
salotto era arrivato fino in camera delle ragazze.
E sentì che nel suo cuore
serpeggiava una specie di malinconia, perché quei film raccontavano, in realtà,
la vita degli altri: parenti e amici a cui accadevano cose più o meno
importanti. Mentre a lei, in fin dei conti, non capitava mai nulla di
significativo. “I mesi volano e io passo il tempo guardando gli altri vivere”
sospirò tra sé.
[...]
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