Il piacere di leggere, il coraggio di sognare, la voglia di crescere. Narrativa, e non solo.
25 dicembre 2019
16 dicembre 2019
Verso il Natale con «Il velo dorato»
– Ehi, qui è tutto in regola! Se qualcuno ha combinato qualcosa, io non c’entro un accidente! – esclamò la vecchia Ester, affacciandosi allarmata alla finestra del piano rialzato.
– Mi può aprire, per cortesia?
La vecchia si affrettò, con una certa apprensione.
– Entri pure. Non abbiamo niente da nascondere qui.
– Devo solo parlare con la famiglia Obi.
Quando Adaora aprì la porta del monolocale e si vide comparire davanti il maresciallo, rimase per qualche istante senza fiato.
– Posso entrare, signora Obi? – chiese l’uomo, togliendosi il cappello; poi soggiunse: – Mi scusi per l’intrusione; l’avevo promesso a Tom.
– Grazie, grazie! – esclamò il ragazzino, scattando in piedi come una molla.
– Buon Natale, Tom. Buon Natale, Adaora – disse il maresciallo; poi ebbe un attimo di esitazione e chiese: – Posso chiamarla Adaora, vero, signora Obi?
– Certo! – annuì la donna, con slancio. La gentilezza rispettosa che l’uomo aveva sempre dimostrato nei suoi confronti la metteva quasi in imbarazzo; non era abituata a sentirsi trattata con tanto riguardo.
– Vi piacciono i marron glacé? Ieri pomeriggio sono passato davanti alla pasticceria, ho visto i marron glacé in vetrina e ho pensato di prenderne un po’ per mangiarli oggi con voi.
Estrasse da sotto il cappotto una confezione dorata, e la posò sul tavolo, al centro di un’allegra tovaglia natalizia che la signora Ester aveva vinto con i punti del supermercato e aveva regalato a Adaora proprio il giorno prima.
Sedettero intorno al vassoio di marron glacé e li mangiarono quasi tutti. Nel frattempo chiacchierarono un po’, condividendo piccoli episodi di vita quotidiana. Soprattutto Tom parlava volentieri e si sentiva fiero di poter raccontare le sue imprese sportive a un uomo che, da ragazzo, aveva giocato a basket per parecchi anni.
Il maresciallo rimase con gli Obi per più di un’ora, ma il tempo volò come se si fosse trattato di un minuto. Adaora provò nuovamente la sensazione già sfiorata pochi giorni prima, nell'abitacolo della volante, quando Esposito li aveva accompagnati a casa: una specie di calore accogliente e semplice, in cui trovare riposo.
– Grazie per l'ospitalità – disse l'uomo raccogliendo il cappotto e il cappello che aveva appoggiato su un letto e avviandosi verso la porta.
– Grazie a lei per essere venuto, signor maresciallo.
– Adaora, può chiamarmi Giuseppe se le fa piacere.
– E io? – chiese Tom tutto speranzoso – Io come posso chiamarla?
– Tu puoi continuare a chiamarmi signor maresciallo – rispose, con un tono di voce fermo e severo. Gli passò una mano fra i capelli, scompigliandoli come solo lui sapeva fare e poi gli afferrò per un attimo la nuca, in un gesto energico che a Tom piaceva da morire.
[Laura Blandino - Il velo dorato - Piccola Casa Editrice, 2018]
09 dicembre 2019
Verso il Natale con «Tempo di cose nuove»
La signora Sissy era in gran forma, con i capelli freschi di parrucchiere e la pelliccia lunga fino ai polpacci. Entrando in chiesa aveva salutato una gran quantità di persone ormai a lei ben note: negli ultimi tempi le sue relazioni sociali si erano intensificate molto, anche grazie a Libby che intratteneva i rapporti con la “Cassanico bene”. Sissy era così entrata in quello che suo figlio chiamava sarcasticamente “il periodo salottiero”.
Quella sera anche il dottor Bonvicino, impettito e cordiale, sembrava perfettamente a suo agio. Per la verità doveva continuamente sbirciare i vicini di banco per capire quando sedersi e quando alzarsi, ma la scarsa dimestichezza con le faccende religiose non costituiva un ostacolo per lui: in ogni caso si trattava di un evento pubblico, e come tale papà lo viveva al meglio.
Stefano invece aveva un broncio infinito, perché avrebbe preferito essere ovunque ma non lì; non era tuttavia riuscito a sottrarsi.
Paola si guardava intorno con curiosità. La chiesa era gremita: parecchi sembravano lì solo per convenzione, ma molti erano sinceramente partecipi e ascoltavano raccolti. In un banco poco lontano Marta, seduta accanto a Italo, pregava con il capo chino e le mani sul grembo.
Padre Cipriano, un omone dal viso rubicondo e dalla lunga barba bianca e riccia, assomigliava un po’ a Babbo Natale e predicava con un tono caldo, appassionato, vivace. Parlava di una luce che rifulgeva nelle tenebre, di un eterno che entrava nel tempo, di un infinito che si faceva piccolo per raggiungere il cuore dell’uomo. Paola desiderò intensamente che tutto quello fosse vero.
06 dicembre 2019
Jólabókaflóð: un'inondazione di libri per Natale!
È una bellissima tradizione nata in Islanda durante la seconda guerra mondiale, e tuttora vivissima: consiste nell'acquisto di libri tra settembre e dicembre, per lo scambio di regali natalizio. Sotto l'albero gli Islandesi amano trovare volumi d'ogni genere, e sono veri cultori della carta stampata. Non solo: l'usanza è trascorrere la notte di Natale leggendo per ore e ore.
Pensate che l’Islanda pubblica più libri pro capite di qualsiasi altro paese nel mondo; gli Islandesi sono appassionati lettori, e per loro un libro è il più grande regalo.
Forse anch'io ho qualche goccia di sangue islandese?
02 dicembre 2019
Verso il Natale con «La camera bella»
– Credo che anche questa sera saremo sole a cena. Ci scommetti che Chiara mangia di sotto con papà e mamma? – disse Cecilia, annodando un pezzo di rafia.
Marta si strinse nelle spalle: – Passerà.
Il risultato del loro lavoro fu un’ampia e profumatissima ghirlanda che Marta pose al centro del tavolo in sala. Poi prese quattro candele rosse e le infilò equidistanti l'una dall'altra fra i rami verdissimi.
– Com'è bella! – esclamò Cecilia emozionata.
– È una corona d’Avvento, Adventskranz in tedesco – spiegò la zia.
– Proviamo a vedere che effetto fa con le candele accese?
– Non ancora, Ceci. Ne accenderemo una, una sola, questa sera, quando saremo finalmente tutti a casa.
– Perché una sola? – domandò delusa la bambina.
– Perché sta per iniziare la prima domenica di Avvento.
– E sabato prossimo?
– Ne accenderemo due. E così via, fino a Natale.
Erano quasi le nove quando, chiuso finalmente il negozio, la famiglia Ansaldi al completo poté godersi qualche minuto di pace. La corona d’Avvento piacque molto, perché era davvero bella e conferiva alla casa un’atmosfera natalizia
del tutto nuova. Chiara propose di collocarla su un tavolino basso tra il divano e le poltrone. In quel modo, ci si poteva sedere tutti intorno comodamente.
– Buon Avvento a tutti – augurò Marta, accendendo con un fiammifero una delle quattro candele rosse.
Poi imbracciò la chitarra e cominciò ad arpeggiare.
17 novembre 2019
Rossovermiglio
Dopo aver letto - e molto apprezzato - Il rumore del mondo, ho desiderato conoscere altre opere di Benedetta Cibrario. Ho quindi scelto il suo romanzo forse più noto: Rossovermiglio, ambientato nelle campagne del Chianti a partire dagli anni '30 del secolo scorso.
Quelle che avete appena letto sono le prime righe dell'opera, e rendono l'idea della cornice.
Cresciuta in una Torino stile liberty ancora pretenziosa ma già decadente, la protagonista a diciannove anni viene costretta dal padre a scegliere il marito in una lista di cinque nomi; dopo vani tentativi di resistenza si arrende, e sposa il candidato che le sembra meno improponibile.
Durante il viaggio di nozze a Parigi conosce un altro uomo, da cui rimane affascinata. Lo rivede alcuni anni dopo, e ne diventa l'amante: la relazione con lui sembra il giusto balsamo sulle ferite di una vita coniugale che non ha mai funzionato.
Intanto la donna abbandona Torino e si rifugia in Toscana, dove possiede una tenuta sui colli senesi; in quella casa, fra quelle vigne, circondata dalla solitudine, cercherà di ricostruire pezzo per pezzo la sua vita.
Con queste premesse, la storia potrebbe configurarsi come un romanzetto d'appendice, per nulla originale e molto ordinario. Invece la vicenda si sviluppa in modo inatteso, rivelandosi un viaggio tutt'altro che banale nei grandi paradossi dell'esistenza.
10 novembre 2019
I leoni di Sicilia
Saga familiare e romanzo storico a un tempo, I leoni di Sicilia racconta la storia dei Florio, generazione dopo generazione: dallo sbarco a Palermo nel 1799, all'espansione commerciale che li renderà sempre più potenti e più ricchi.
Le vicende della famiglia si intrecciano con quelle della città e della Sicilia tutta, in un secolo turbolento e difficile.
I Florio si rivelano uomini capaci di scelte ardite, idee geniali, passioni violente; ma soprattutto animati da una fame inesauribile di riscatto sociale, e feriti da inimmaginabili fragilità.
Grande penna, quella di Stefania Auci: mi ha regalato lunghe ore di intensa lettura, proprio come piace a me.
07 novembre 2019
Dove eravamo rimasti?
Ciononostante, qualche spazio per la lettura sono sempre riuscita a ritagliarmelo: un buon libro è prezioso compagno quando si è stanchi, preoccupati, o vinti da un senso di oppressione che non fa bene al cuore.
Negli ultimi due mesi ho goduto di alcuni buoni romanzi, che vi cito con sincera gratitudine.
- Stefania Auci - I leoni di Sicilia
- Benedetta Cibrario - Rossovermiglio
- Natalia Ginzburg - Lessico familiare
- Jan Dobraczynski - Ho visto il maestro!
A presto!
02 ottobre 2019
Piccoli tratti di matita
A distanza di trent'anni, una selezione di questi bozzetti è stata pubblicata.
- Una prima parte illustra in modo spiritoso versetti dell’Antico Testamento.
- Una seconda parte presenta i misteri del Rosario, ciascuno con un breve riferimento a un passo del Nuovo Testamento.
È acquistabile on line
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/religione/507348/piccoli-tratti-di-matita/
oppure contattando direttamente l'autrice.
12 settembre 2019
Promettimi che non morirai mai!
[...]
– Capisco quello che provi, piccola Ceci. E mi spiace non poter essere con voi.
– Se ti spiacesse davvero, rimarresti! – reagì Cecilia, con un uso di congiuntivo e condizionale inaspettatamente perfetto nonostante la foga.
Marta fissò gli occhi azzurri della nipote e assunse un’espressione molto seria.
– Ascoltami, Ceci. Anche se tu insistessi fino allo stremo e piangessi e strepitassi, la mia decisione non cambierebbe. Ho accettato un invito che è molto importante per me, per la mia vita e tu sei abbastanza sveglia per capire che non lo declinerò.
Fece una lunga pausa, osservando la ragazzina che tirava su col naso e cercava di ricacciare indietro le lacrime. Le passò una mano sui riccioli biondi e proseguì: – Nella vita a volte ci sono grandi distacchi, come quando muore qualcuno che amiamo e ci sono anche piccoli distacchi, come quando una persona cara prosegue il suo cammino su una strada che è diversa dalla nostra. Io sono felice di vivere con voi e vi voglio un bene infinito. Un giorno però andrò a vivere in un’altra casa, perché quello sarà il mio posto, in un futuro che sta diventando sempre più vicino.
Cecilia tratteneva il respiro e guardava il volto calmo della zia con un’espressione sempre più spaventata. Deglutì.
– Adesso ti senti un po’ triste – incalzò Marta – perché io non sarò con te al pranzo di Pasqua. Ma fra pochi mesi io mi sposerò e andrò a vivere in Frazione San Giovanni. Il piccolissimo distacco di domenica ti allenerà al piccolo distacco di giugno, Ceci.
La ragazzina si chinò verso la zia e si rifugiò fra le sue braccia, affondando il viso nella felpa azzurra profumata di buono. Marta la strinse a sé e rimasero entrambe immobili a lungo, incuranti dei minuti che scorrevano veloci.
– Promettimi che non morirai mai! – mormorò Cecilia.
Marta non rispose, ma la strinse ancora più forte.
02 settembre 2019
Il rumore del mondo
Durante il lungo viaggio dall'Inghilterra al Piemonte Anne si ammala di vaiolo, e la sua bellezza tragicamente sfiorisce. Quella che giungerà a Torino non sarà più la Anne di cui Prospero si era innamorato a Londra.
Apparentemente parrebbero esserci tutti gli ingredienti per un polpettone rosa piuttosto vintage; invece Il rumore del mondo è un romanzo potente, curatissimo, senza sbavature. Benedetta Cibrario ambienta il suo romanzo storico in un segmento importante di storia risorgimentale, e ricostruisce con sapienza lo spirito del tempo in tutte le sue sfaccettature: la politica e i costumi, la cultura e la morale.
Narrativa autentica.
Vi offro una pagina che descrive il disagio di Prospero quando Anne sta ormai per giungere a Torino. È il preludio di una vita coniugale tutt'altro che felice. Eppure, la giovane saprà affrontare la solitudine e trovare il suo posto nella vita.
Come a volte accade, Prospero non poteva sentire. Stava contemplando davanti a sé l’insondabile prospettiva che siamo abituati a chiamare futuro. Uno spazio vuoto, capace di dare le vertigini. Lo spazio reale invece – il guardaroba in cui i domestici stavano aprendo i bauli - era ingombro di oggetti femminili. Annunciavano l’arrivo imminente di una donna. Un tipo particolare di donna: una moglie. Sua moglie.
Era un pensiero paralizzante. A Londra l’aveva voluta, desiderata e sposata. Non in quest’ordine, insomma, ma la somma dei fattori era davanti agli occhi, in quei bauli. Era un uomo sposato da poco più di tre mesi. Come mai, adesso, si sentiva così infastidito? Perché non riusciva a provare a Torino gli stessi sentimenti che aveva creduto di provare a Londra? C’era un grado di irrealtà con cui non era in grado di fare i conti.
26 agosto 2019
Akropolis: la grande epopea di Atene
Valerio Massimo Manfredi, con Akropolis: la grande epopea di Atene, vince la sfida e presenta con uno stile gradevolissimo - pur senza cedimenti all'approssimazione - la storia dell’antica polis: le origini mitologiche, la nascita della democrazia, l’egemonia e le guerre, lo splendore e l’arte. Ma soprattutto i personaggi che l’hanno resa grande: Pericle, Socrate, Alcibiade, Fidia…
Intorno alle vicende di Atene si dipanano quelle di altre città, e di altri popoli: Mileto, Sparta, la grande Persia…
Nomi e fatti che tutti già incontrammo almeno una volta sui libri di scuola, quand'eravamo ragazzi; ma a distanza di tempo è un piacere rispolverarli e assaporarli (finalmente senza l’assillo del compito in classe!).
Godetevi con me la pagina in cui si racconta che cosa accadde dopo la battaglia di Maratona.
A quel punto Dati [l’ammiraglio persiano] pensò a un'azione di contrattacco e diede ordine di far vela verso il Pireo. La città era difesa da poche truppe della riserva mentre il grosso delle forze era ancora a Maratona e inoltre, vedendo apparire la flotta persiana, gli ateniesi avrebbero certamente pensato che la battaglia era perduta, che la loro gioventù migliore era stata falciata e che conveniva arrendersi.
Milziade [il comandante ateniese] si rese immediatamente conto che l'enorme risultato della sua vittoria sarebbe potuto essere vanificato dall'abile contromossa del nemico se il governo non fosse stato avvertito. Chiamò Fidippide, il corridore, e gli comandò di raggiungere la città e di avvertire di non arrendersi per nessun motivo perché il loro esercito vittorioso stava per arrivare.
Fidippide, dopo aver combattuto con i suoi compagni fino a giorno inoltrato, depose le armi e si slanciò di corsa sulla strada di Atene. Non poca di quella strada era in salita attraverso sentieri impervi e malagevoli, ma il giovane sapeva che era in gioco la salvezza della città. Arrivò al tramonto gridando con le ultime forze «Nike! Nike!» (Vittoria! Vittoria!) e crollò al suolo senza vita, stroncato dall'immane fatica. La città sbarrò le porte e rinforzò i corpi di guardia e quando la flotta di Dati si presentò in rada fu subito chiaro all'ammiraglio persiano che il vantaggio della sorpresa su cui contava era svanito. Gli ateniesi sapevano di aver vinto ed erano pronti a respingere qualunque attacco. Non gli restò che ritornarsene indietro ad affrontare la collera del suo sovrano. Gli spartani arrivarono a battaglia finita e si ritirarono senza aver nemmeno messo mano alla spada. Fidippide aveva percorso in poche ore più di quaranta chilometri: il suo sacrificio viene ricordato ogni quattro anni nelle olimpiadi moderne quando atleti di tutte le parti del mondo gareggiano sulla stessa distanza da lui percorsa per guadagnare il riconoscimento più ambito e più prestigioso, quello dei corridori «maratoneti».
20 agosto 2019
26 luglio 2019
La collezione dei momenti felici
Anche Tom e Adaora, protagonisti de Il velo dorato, regalano a se stessi una giornata di vacanza in riva al Favero. Con loro c'è Luca - "Penna Veloce" per gli amici - cui il "ragazzino un po' marrone" si sta affezionando sempre più.
Adaora vive quel momento di rara leggerezza con una gratitudine incommensurabile.
Rileggiamo insieme quella pagina così fresca...
Andarono sulle rive del Favero, presso una spiaggetta che Luca conosceva bene. I pendii erano punteggiati di gruppi che allestivano i pic-nic: tavolini pieghevoli, bracieri per grigliate, enormi borse termiche.
Adaora, Tom e Luca e non erano così organizzati: si limitarono a stendere un plaid su uno scampolo di prato, e a mettere all'ombra il sacchetto dei panini. Le bibite le collocarono al fresco tra i sassi del torrente, in un punto in cui l'acqua scorreva meno impetuosa. Chiacchierarono, scherzarono, presero il sole.
Verso mezzogiorno, nel momento più caldo della giornata, Tom si tuffò nel Favero. Proprio in quel momento sopraggiunsero alcuni altri ragazzini e Tom fece subito amicizia con loro, anche perché ne conosceva già un paio: avevano frequentato insieme il centro estivo, fino a due settimane prima. Si divertirono a schizzarsi acqua l'uno con l'altro, fino a diventare lividi per il freddo.
– Grazie per tutto questo – mormorò Adaora osservando suo figlio che sguazzava spensierato.
– È piacevolissimo anche per me – ammise Luca, e tornò a distendersi sul plaid, stiracchiandosi pigramente.
– Aggiungo un momento felice.
– Aggiungi che? Dove?
– No, niente. Ho una collezione immaginaria, raccolgo i momenti felici e li conservo nella memoria. Così quando sono triste ci ripenso e mi sento un po’ meglio.
– Ne hai già raccolti tanti?
– Parecchi, sì.
– Me ne racconti qualcuno?
– Uno è adesso. Gli altri non te li posso dire. La mia collezione è segreta.
– E i momenti brutti? Raccogli anche quelli?
– No, quelli me li porto dentro e basta. Vorrei solo dimenticarli, ma a volte mi capita persino di sognarli di notte.
– Non pensi che parlandone con qualcuno potresti liberartene?
– No – rispose Adaora, con un tono secco che non ammetteva repliche. E per essere certa che la conversazione finisse lì, si alzò di scatto e si tolse il prendisole: – Vado a farmi un bagno.
Luca si sollevò a sedere e rimase a osservare la giovane donna che raggiungeva il torrente e s’immergeva nell'acqua fino a metà gamba. Indossava un vecchio bikini giallo limone, che spiccava sul nero della pelle ed evidenziava le forme perfette. Le gocce d’acqua brillavano come diamanti sul corpo liscio e tonico. Penna Veloce non riusciva a distogliere lo sguardo da Adaora, come prigioniero di un’attrazione fisica irrefrenabile.
– Luca, non vieni anche tu a fare il bagno? – gli chiese Tom, invitandolo con un ampio gesto del braccio.
– Meglio di sì – convenne il giovane. E si tuffò rapidamente nell'acqua freddissima.
Terminato il bagno, si asciugarono al sole. Poi tirarono fuori i panini e pranzarono insieme. Adaora aveva preparato una torta alla frutta.
– È deliziosa!
– Nonna Rosa m’insegnò.
Tom ne portò alcune fette ai suoi nuovi amici, che facevano pic-nic poche decine di metri più in là. Poco dopo i ragazzini contraccambiarono offrendo loro tre enormi fette di anguria freschissima.
– Allora Tom, sei contento? – gli chiese Penna Veloce, affondando il viso nello spicchio di cocomero.
– Minchia! – esclamò il ragazzino. Come dire che per lui quello era stato il più bel Ferragosto di tutta la vita.
22 luglio 2019
Marcovaldo
Nei giorni scorsi mi è capitato in mano il volume completo, e l’ho riletto in poche ore. Che dire? Marcovaldo mi ha fatto tenerezza. Probabilmente sto invecchiando.
Le cose gli vanno sempre male, ma ogni volta si rialza e ricomincia a cercare frammenti di bellezza in una quotidianità frustrante: il cielo stellato, un tenero coniglietto, la pioggia e le foglie, i funghi che crescono in una piccola aiuola, la neve che cambia l’aspetto delle cose. Sensibile e ingenuo, eterno bambino, Marcovaldo assomiglia un po' a Charlie Brown: non c'è delusione che riesca a stroncare la sua caparbia capacità di sognare e ricominciare.
Volete sorridere? Rileggete con me qualcuna delle (dis)avventure di Marcovaldo al supermarket…
- Papà, lo possiamo prendere questo? chiedevano i bambini ogni minuto.
- No, non si tocca, è proibito, - diceva Marcovaldo ricordandosi che alla fine di quel giro li attendeva la cassiera per la somma.
- E perché quella signora lì li prende? - insistevano, vedendo tutte queste buone donne che, entrate per comprare solo due carote e un sedano, non sapevano resistere di fronte a una piramide di barattoli e tum! tum! tum! con un gesto tra distratto e rassegnato lasciavano cadere lattine di pomodori pelati, pesche sciroppate, alici sott'olio a tambureggiare nel carrello.
Insomma, se il tuo carrello è vuoto e gli altri pieni, si può reggere fino a un certo punto: poi ti prende un'invidia, un crepacuore, e non resisti più. Allora Marcovaldo, dopo aver raccomandato alla moglie e ai figlioli di non toccare niente, girò veloce a una traversa tra i banchi, si sottrasse alla vista della famiglia e, presa da un ripiano una scatola di datteri, la depose nel carrello. Voleva soltanto provare il piacere di portarla in giro per dieci minuti, sfoggiare anche lui i suoi acquisti come gli altri, e poi rimetterla dove l'aveva presa. Questa scatola, e anche una rossa bottiglia di salsa piccante, e un sacchetto di caffè, e un azzurro pacco di spaghetti.
Marcovaldo era sicuro che, facendo con delicatezza, poteva per almeno un quarto d'ora gustare la gioia di chi sa scegliere il prodotto, senza dover pagare neanche un soldo. Ma guai se i bambini lo vedevano! Subito si sarebbero messi a imitarlo e chissà che confusione ne sarebbe nata!
17 luglio 2019
Addio, Andrea Camilleri
C'è sempre stata una distanza abissale fra le sue posizioni (politiche, sociali, religiose, culturali...) e il mio personale sentire; eppure, non ho mai potuto evitare di riconoscere fra le sue pagine la genialità del grande scrittore. Possiedo tutti i suoi romanzi, e ciclicamente li rileggo.
E devo sinceramente ammettere che Camilleri è stato anche - a tratti - un vero poeta.
"...ma il fatto è che quando hai sbacantato i cassetti trovi una quantità di carte vecchie, scordate, alcune delle quali, quasi a forza, vogliono essere lette e tu, inevitabilmente, finisci col precipitare sempre più in fondo al gorgo della memoria e ti tornano a mente macari cose che per anni e anni hai fatto di tutto per scordare. È un gioco tinto, quello dei ricordi..."
11 luglio 2019
Il romanzo di Matilda
Fu colei che tenne testa (anche con le armi) all'imperatore, e che amò (fin troppo, stando alle malelingue) il papa. Potente feudataria, donna di grande vision politica, fu l’artefice della grande umiliazione di Enrico IV. Se l’espressione "venire a Canossa" è tuttora proverbiale, lo dobbiamo a lei.
Ebbene: la scrittrice Elisa Guidelli, ne Il romanzo di Matilda, tenta una trasposizione narrativa di questa figura formidabile. Ne ricostruisce la biografia con buona esattezza storica, e nello stesso tempo riesce a dipingere con vive pennellate il ritratto di una donna appassionata e passionale, dotata di straordinaria forza e capace di grande fragilità, fedele ai suoi ideali e nello stesso tempo concretissima.
05 luglio 2019
Piccole gioie
Andare in biblioteca e scegliermi con calma un nuovo romanzo.
Comprarmi una bottiglietta d'acqua fresca.
Passeggiare nel parco e cercare una panchina all'ombra.
Sedermi fra i pini a leggere nel silenzio mattutino.
Cose così.
Piccole gioie.
Poi, ad un certo punto, sono arrivate due signore di una certa età, hanno individuato una panchina a pochi metri dalla mia, e si sono scambiate un cenno di intesa. Poi si sono sedute, hanno tirato fuori dalle borse un libro ciascuna, e si sono messe a leggere. Sembrava la succursale della biblioteca, versione outdoor.
Comunque erano davvero due distintissime, gradevolissime signore. E dev'essere bella, l'amicizia fra loro.
04 luglio 2019
Il verbo leggere...
«Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo? Se si mettessero insieme le lagrime versate nei cinque continenti per colpa dell’ortografia, si otterrebbe una cascata da sfruttare per la produzione dell’energia elettrica. Ma io trovo che sarebbe un’energia troppo costosa. Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli: per esempio la torre di Pisa»
(da Il libro degli errori).
No, il verbo leggere non sopporta l'imperativo: la lettura è un'avventura!!!
20 maggio 2019
Il pacere non può aspettare
Invece no. Il piacere non può aspettare è un romanzo delicato e luminoso, in cui la scrittrice indiana Tishani Doshi riesce a raccontare tutto il mondo delle sue origini.
Babo, il primogenito di una famiglia indiana profondamente tradizionale, va a Londra per un’esperienza di studio e di lavoro. L’impatto con la cultura occidentale non è facile; ma il giovane ben presto conosce Sian, una ragazza gallese che gli cattura il cuore. E fin qui gli ingredienti sembrerebbero quelli del classico romanzo d’amore: dal colpo di fulmine al matrimonio, attraverso varie vicissitudini, e poi avanti fino al “vissero per sempre felici e contenti”.
Ma in questo romanzo c’è qualcosa di più: una saga familiare che copre decenni di storia, in sapiente equilibrio tra affermazione di identità e rispetto per la diversità. Sullo sfondo, temi che colpiscono in carne viva chiunque abbia cuore e mente desti: la nascita e il dolore, il desiderio di felicità e la perdita di sé, la vecchiaia e la morte.
Vi offro una pagina delicata in cui il giovane Babo e la sua nonna Ba parlano d’amore...
Solo dopo che le donne se ne erano andate, e le stuoie di iuta erano state arrotolate e riposte, Babo raggiungeva sua nonna. Si sedevano insieme a cenare sotto le prime stelle, e a chiacchierare con il sottofondo dei grilli fra le piante. Ba gli raccontava storie di antenati di cui Babo sapeva pochissimo. Gli descriveva scandalosi matrimoni d’amore, incluso quello di sua sorella – fuggita con un giovane musulmano di un villaggio vicino, a mai più ritornata -, o quello del figlio di Banta-behn, che si era innamorato della cugina Damyanti, dalla pelle scura e butterata. Babo ascoltava attento, con la segreta certezza che il suo scandalo d’amore fosse il più appassionante.
“Tu amavi il nonno?” le chiese Babo una sera, durante la settimana di sciopero delle poste inglesi, quando per ben dieci giorni non aveva avuto notizie di Sian. “Quando è morto, non hai mai avuto la sensazione che saresti morta anche tu da quanto ti mancava?”
“Non era così per noi, Babo. Ci sono così tanti modi di amare una persona… Per noi era una cosa delicata, niente a che vedere con quello che senti adesso. Quello che provi tu è molto raro. Noi lo chiamiamo ekam. Dicono che si possa conoscere una sola volta nella vita, oppure mai. Alcuni lo hanno descritto come entrare in una grotta senza fine. Altri come sentire il cuore che brucia su un fuoco lento di loppa secca. Quando provi questo ekam hai l’impressione di poter eliminare qualsiasi colpa nel mondo, qualsiasi profanazione e qualsiasi sfortuna”.
18 maggio 2019
Appassionarsi ancora alla lettura
Leggere quell'articolo ha risvegliato in me piacevoli ricordi e sincera gratitudine.
Se i miei romanzi giocano un piccolo ruolo fra le «motivazioni che inducono uno studente ad appassionarsi ancora alla lettura», e se riescono a suscitare «un profondo desiderio di approfondire alcune questioni», non posso esserne che felice.
06 maggio 2019
Lettere di Nicodemo
Tuttavia, seguendo il suggerimento di alcuni amici, ho proseguito la lettura cercando di lasciare da parte i miei preconcetti.
A lettura ultimata posso affermare che l’opera dello scrittore polacco è un tentativo ben riuscito di raccontare l’incontro di un uomo con la persona di Gesù. Nicodemo va alla ricerca del Galileo partendo da un proprio bisogno concreto, da un dolore struggente: spera che Gesù possa guarirgli la moglie malata. E a lui si accosta con un groviglio di riserve, dubbi, snobismo intellettuale e perplessità umanissime.
È l’inizio di un lungo percorso interiore, che condurrà Nicodemo a una insperata, luminosissima resa senza condizioni.
Vi offro una pagina tratta dalla “terza lettera”, a mio avviso emblematica dell’approccio iniziale di Nicodemo…
Certamente ti meraviglierai all'udire che ho conversato con individui che si sono sottoposti ai sortilegi di questo galileo! Ma, vedi, la malattia di Ruth mi spinge a qualsiasi enormità, questa malattia che ogni giorno la indebolisce sempre più […].
Pur di por fine a questo tormento, sono disposto – per quanto me ne vergogni – a chiedere aiuto al galileo, Non rimproverarmi, Giusto. Di lui si racconta, tra l’altro, questo strano miracolo. A Cana in Galilea – villaggio situato lungo il pendio che scende fino al lago di Genezareth e in cui i giovani della regione sogliono celebrare le loro nozze – egli fu invitato a una di tali feste e prese parte al banchetto. Come accade in simili occasioni, questa gente rozza e intemperante beve vino e mangia focacce di miele oltre misura e puoi star certo che là non si fa attenzione alle preghiere e al digiuno, così come non si bada a raccogliere gli avanzi e a lavare bene il vasellame. Gli invitati bevono finché è possibile, poi cominciano a ballare senza tregua e a cantare a perdifiato. E sorvolo sul resto! Un fariseo non potrebbe mai prender parte a una tale baldoria impura: noi siamo qui per dare il buon esempio agli Am-ha’arez e non per approvare le loro sregolatezze. Il Galileo, per contro, non solo si è seduto al loro tavolo, ma ha addirittura mutato l’acqua in vino, quando questo è venuto a mancare!
Se questo miracolo si è davvero verificato, bisogna dire che un dono inestimabile è posto in mani irresponsabili. Distribuiamo pane, ma non vino! I miei servi portano, ogni giorno, una cesta di pane ai poveri e il mio amministratore ha recentemente calcolato che se io donassi quotidianamente due pani a ogni credente della Giudea, della Galilea e della Diaspora, tutto il mio patrimonio si esaurirebbe in tre giorni. Che cosa accadrebbe se, in luogo di pane e di esortazione alla preghiera, io offrissi a quei pezzenti una brocca di vino con un invito a divertirsi? Una elemosina offerta sconsideratamente non fa altro che incoraggiare i poveri alla più incosciente spensieratezza.
Si dovrebbe giudicare però il valore di questo fatto anche sotto un altro aspetto. Quell'uomo ha cambiato grandi idrie d’acqua in vino a beneficio di suoi occasionali compagni, affinché essi potessero saziare i loro desideri smodati. Orbene, se egli è in possesso di un dono tanto potente, non sarebbe più giusto che ne facesse profittare i più degni? Non sarebbe più conveniente che egli sanasse la mia Ruth piuttosto che inondare di vino (e della migliore qualità, si dice) la casa di un contadino della Galilea? Se egli la guarisse! In tal caso saprei ben dimostrargli la mia gratitudine.
02 maggio 2019
World Bloggers Day 2019
A ben pensarci, però, accendere i riflettori sul "blogging" può avere un significato importante: da un lato per riconoscere la rilevanza del fenomeno, che sta lasciando un segno nel modo di comunicare dei nostri tempi; dall'altro per valorizzare la libertà di espressione dei “blogger”, che in molti paesi sono perseguitati (e non certo in senso metaforico: alcuni di loro ci hanno lasciato la pelle).
Quello che io curo da alcuni anni - “La lettura è un’avventura!” - è un piccolo blog senza pretese; però dal 2015 raccoglie pagine (queste sì, scritte da penne di valore) e spunti di riflessione. Perché non si perda mai - a nessuna età - “il piacere di leggere, il coraggio di sognare, la voglia di crescere”.
08 aprile 2019
Cassanico
Tutt'intorno, la campagna: un ondeggiare di alture verdissime, vigneti e frutteti, pendii erbosi per il pascolo. Qua e là, le frazioni: gruppi di case rurali, villaggi piccoli ma dignitosi.
Tutto l’intreccio si svolge in un alternarsi armonioso di scorci cittadini e spazi campestri.
– Ci piacerà.
Si preannunciava una serena giornata estiva e il sole del mattino rendeva ancora più brillante la campagna: un ondeggiare di alture verdissime, vigneti e frutteti, prati e pascoli; un paesaggio profondamente diverso da quello siciliano, con cui lo sguardo di Tom aveva confidenza da sempre.
Pochi minuti dopo, all'orizzonte apparve la cittadina di Cassanico: sorgeva sulla sommità della collina più alta, e si estendeva lungo i suoi versanti, digradando dolcemente.
29 marzo 2019
Paola e Stefano
In particolare, che fine hanno fatto Paola e Stefano, protagonisti di Tempo di cose nuove?
Paola
Paola Bonvicino, Bonnie per gli amici, non è più la ragazza goffa e impacciata arrivata da Roma un anno fa. È tuttora una persona semplice, timida, di poche parole; ma ha imparato a credere in se stessa e a lasciarsi voler bene.
All’inizio del romanzo la incontriamo al Centro Estivo. Aiuta l’amica Lia nella gestione dei ragazzini, e accoglie Tom appena arrivato a Cassanico.
– Ciao, Tom! Che ci fai qui tutto solo? – gli chiese Bonnie un pomeriggio, notandolo seduto su una panca in un angolo del cortile, mentre tutti gli altri compagni giocavano a palla avvelenata. Gli sorrise, e si sedette accanto a lui. C’era ombra in quel punto del “campone”, si stava piacevolmente al fresco.– Me l’ha ordinato Lia. Per castigo, credo. O qualcosa del genere.– E come mai?– Perché ho detto minchia. A lei non piace.– Beh, non possiamo darle torto. Non è una bella parola.– Rocco la diceva sempre.– E chi era Rocco?– Era quello che faceva i lavoretti nella casa-famiglia. Quando si rompeva qualcosa o un rubinetto perdeva o si scrostava un muro o si bloccava la lavatrice, niente paura: chiamavamo Rocco. Era il tuttofare di nonna Rosa.– E chi era nonna Rosa?Tom raccontò. Con Paola si sentiva al sicuro: non aveva la chiacchiera facile, come certi tizi (e certe tizie, soprattutto) che anelavano a conoscere i fatti altrui per parlarne con tutti. Inoltre, il ragazzino percepiva in lei un interesse sincero; Bonnie ascoltava in silenzio, gli teneva incollato addosso lo sguardo serio dei suoi occhi nerissimi, di tanto in tanto annuiva con un breve cenno del capo.Lia li vide da lontano, capì e sorrise. Era nata un’amicizia.
Stefano
Anche Stefano è cambiato molto da quando, un anno prima, era arrivato a Cassanico da Roma pieno di rabbia e ribellione. Ora è un giovane uomo che sta prendendo in mano la propria vita, e si prepara per le selezioni dell’Accademia Militare.
In un dialogo con la coetanea Chiara, emerge la consapevolezza con cui Stefano sta costruendo il proprio futuro:
– Vero. Comunque in questa fase della mia vita le ragazze non sono più importanti come un tempo. Ciò che conta di più è riuscire a realizzare il mio sogno. Domenica sono stato di nuovo a Revinasco a parlare con il colonnello.– Il papà del maestro Guerra?– Sì, mi racconta un sacco di cose della vita militare. Quando lui parla, mi sembra quasi di essere lì, in accademia o in missione e desidero un sacco riuscire a intraprendere quella strada.– Diventare un soldato? – chiese Chiara, con affettuosa ammirazione. Stefano era maturato molto da quando l’aveva conosciuto un anno prima.– Diventare “vero uomo e comandante di uomini”, come dice il colonnello.– Anch’io spero di diventare una vera donna, un giorno… – disse Chiara, quasi tra sé e sé. E Stefano accolse in silenzio quell’accento d’inattesa sincerità.Mentre si prepara per l’Accademia, Stefano coltiva la sua passione per il basket, di cui è giocatore a livello agonistico, e dà una mano nell’allenamento dei ragazzini. Tom ne rimane affascinato, e cerca istintivamente in lui la compagnia di una guida sicura.
Da quel giorno Tom iniziò gli allenamenti alla Virtus, tre volte la settimana. – Sei in gamba, negretto! – esclamò Stefano, alla fine della quinta seduta.– Grazie, grazie – rispose Tom, senza offendersi minimamente per l’appellativo. – Ti stai impegnando molto e per premiarti ti ho portato una cosa.Stefano tirò fuori dal suo armadietto una sacca sportiva e ne rovesciò il contenuto su una panca dello spogliatoio: c’erano due tute complete, calzoncini, magliette e persino un pallone da basket.– È tutto quasi nuovo – spiegò Stefano – Sono divise che ho usato pochissimo, perché in quel periodo ero cresciuto molto in fretta. Se ti fa piacere, puoi tenerle.Tom non riusciva a credere ai suoi occhi: – Davvero puoi prestarmele?– Te le regalo.– Anche il pallone?– Anche il pallone.– Anche la sacca?– Anche la sacca.Tom regalò a Stefano uno sguardo fiammeggiante di riconoscenza. Per un attimo provò l’impulso di abbracciarlo con slancio e solo il suo pudore di piccolo vero uomo lo trattenne.
14 marzo 2019
Chiara e Cecilia
In particolare, che fine hanno fatto Chiara e Cecilia, l’adolescente e la ragazzina che ci hanno tenuto compagnia fra le pagine del primo romanzo?
Chiara
Chiara sta crescendo, e acquisisce via via una più profonda consapevolezza di sé. Ha ormai diciannove anni (ne compirà venti in primavera), e frequenta il primo anno di università.
La sua relazione con Luca si sviluppa, e lentamente cresce: grazie al tempo trascorso insieme, ma anche attraverso momenti di incomprensione e di insicurezza. Fino al travaglio logorante della gelosia.
Era questo il grande tarlo di Chiara: una sottile gelosia che la tormentava continuamente e che la rendeva insicura. Diceva a se stessa quanto fosse un sentimento irragionevole, perché Luca non le aveva mai dato motivo di temere. Eppure, non riusciva mai a essere completamente tranquilla. – Sei esagerata! – la rimproverava sempre Adriana.– Vorrei vedere te! Luca trascorre le giornate in ufficio circondato da chissà quante ragazze bellissime, poi arriva a casa e si ritrova fra i piedi quella là…– La nigeriana, intendi? Da quel che so, non è affatto a caccia di uomini. Le interessa suo figlio e basta.– Però a Ferragosto sculettava davanti a Luca in costume da bagno. L’ho saputo, sai? Le voci corrono, in città.– Appunto. Se ci fosse qualcosa di poco limpido, stai certa che ne verresti a conoscenza nel giro di poche ore.– Sarebbe comunque troppo tardi. Io non voglio perdere il mio Luca…– …e allora tienitelo stretto! – ribatté Adriana con un sorriso malizioso.
Cecilia
Cecilia, la sorella minore di Chiara, ha ora nove anni (ne compirà dieci in primavera), ma continua a essere la ragazzina tremenda, acuta e senza filtri che avevamo imparato a conoscere nei due romanzi precedenti. Ha conservato la sua capacità di esprimere in modo diretto e autentico le cose - belle o brutte, buone o cattive - che pensa e che prova.
Quando Adaora sarà ingiustamente sospettata di furto, Cecilia non potrà fare a meno di prendere in pugno la situazione. Ovviamente a modo suo.
Cecilia, forte della sua faccia tosta, si recò con Tom e Pipetto presso la stazione dei carabinieri. A dire il vero impiegò mezz'ora buona per convincerli, ma alla fine riuscì a trascinarseli dietro, per amore o per forza. Non era umanamente possibile arginare il vulcano Cecilia, una volta iniziata l’eruzione.Al carabiniere di guardia si presentarono con tono educato ma deciso e chiesero del maresciallo Esposito.– Potete dire a me, se avete bisogno – rispose il giovane, senza prenderli troppo sul serio.– Lei non è il maresciallo vero? – insistette Cecilia.– No, io non sono il maresciallo.– E allora per cortesia ci lasci entrare, dobbiamo parlare con il maresciallo perché abbiamo importanti informazioni e sappiamo cose sui furti nelle ville e questo caso lo segue proprio lui.Il carabiniere di guardia stava per perdere la pazienza, quando il maresciallo Esposito, transitando davanti a una finestra del pianterreno, vide i tre ragazzini in strada e riconobbe Tom. Aprì il portone e si affacciò sulla soglia.– Ci sono problemi? – chiese con tono severo. […]– Lei è il maresciallo, vero? – chiese Cecilia; poi sorrise angelicamente – Sì, lo è: Tom me lo aveva detto che è pelato.– Perché mi cercate?– Abbiamo delle informazioni che potrebbero esserle molto utili.Il maresciallo Esposito li fece entrare e li ricevette nel suo ufficio. Cecilia rovesciò sulla scrivania un cumulo di foglietti e iniziò a descrivere con dovizia di particolari i risultati delle indagini.Il contributo dei ragazzini alle indagini non avrà alcuna rilevanza concreta, ma la dirompente iniziativa di Cecilia sarà per Tom una nuova, fondamentale prova di amicizia.
04 marzo 2019
La lettura nell'arte: Morisot
17 febbraio 2019
23 gennaio 2019
Da dove la vita è perfetta
Silvia Avallone, nel suo Da dove la vita è perfetta, intesse sapientemente una fitta trama di storie sofferte ed estreme. Pagina dopo pagina sa catturare il lettore: mente, cuore, pancia. Soprattutto, è capace di attraversare senza retorica e con grande delicatezza temi da vertigini: aborto, adozione, fecondazione in vitro, disabilità, adolescenza, conflittualità generazionale, crisi di coppia.
Storie parallele, che solo a tratti – per un poco – sembrano incrociarsi: esistenze al limite, poste di fronte a scelte destinate a cambiare la vita per sempre.
Era troppo stanca. Aveva camminato così tanto, quel giorno. Da sola. Nella città deserta di metà agosto, per strade e piazze che non aveva mai visto. E ogni volta era stata sul punto di fermarsi, salire su un autobus e tornare, ma qualcosa l’aveva spinta a non farlo.
Non poteva togliersi dalla testa che fosse capace di sognare. Quel puntino minuscolo, tra una decina di settimane, avrebbe aperto le palpebre e ascoltato la sua voce. E già adesso, in quel preciso istante, era in grado di sentire lei. Lei, che era la sua casa.
Senza accorgersene, aveva risalito via Sant’Isaia fino a via Barberia, e l’ombra dei portici l’aveva protetta dall'incandescenza del sole. Aveva incontrato madonne affrescate con i loro bambini sotto le volte dei colonnati, il bassorilievo di un’Annunciazione. A guardarli, si era stupita dei colori vividi di quei palazzi: gialli, rosa, arancioni; la loro bellezza contro l’azzurro del cielo. […]
Adesso il centro storico le sembrava alla sua portata. Come un regno in balia del vuoto. Se lo conquistava piano piano, ammirata. Entrando nel fresco delle chiese. Sedendosi sulle scalinate.
Non lo sapeva, da dove le veniva quella necessità di camminare e camminare. Lo stava cullando, forse. In quella camera nera in fondo alla pancia, lo portava con sé e tentava di rassicurarlo.
09 gennaio 2019
La prima neve
Nella vita ci sono momenti in cui, per scaldarsi, occorre un amico...