Il primo film che il mio moroso mi portò a vedere al
cinema, nell’ormai lontano 1988, fu La leggenda del santo bevitore, che Ermanno
Olmi aveva tratto dall’omonimo romanzo di Joseph Roth. Tale scelta cinematografica
avrebbe dovuto mettermi in guardia sul tipo per cui avevo preso da poco una
cotta colossale; invece mi lasciai completamente avvincere (più dal tipo che
dal film, a onor del vero), ma questa è un’altra storia.
Ciò che mi preme oggi, a quasi trent’anni di distanza, è
riprendere in mano il libro e leggerlo con calma.
Fra le pagine del breve romanzo ritrovo la storia del clochard
Andreas Katak: inguaribile ubriacone, ferito dalla vita, con un passato
ingombro di fantasmi e passi falsi, incontra uno sconosciuto che gli elargisce gratuitamente
- e immeritatamente - una ragguardevole somma di denaro. Se e quando vorrà, Andreas potrà restituire la
somma portandola nella chiesa parigina dove è custodita la statua della piccola
Santa Teresina di Lisieux, cui il misterioso donatore è devoto.
Inizia da quell’incontro una vicenda d’inaspettata redenzione,
che si dipana attraverso una serie interminabile di nuove cadute e continue distrazioni. Nonostante la miseria umana - che non viene
sanata, né censurata - Andreas inizia a recuperare dignità, memoria, desiderio
di rinascita.
Permettetemi di offrirvi un assaggio delle prime pagine.
Una sera di primavera del 1934 un signore di una certa età
scese i gradini in pietra che da uno dei ponti sulla Senna conducono alle sue rive. È lì che, come quasi
tutti sanno, ma in questa occasione merita di essere riportato alla memoria degli
uomini, sono soliti dormire, ma sarebbe meglio dire accamparsi, i barboni di
Parigi. Uno di questi barboni stava per caso andando incontro al signore di una
certa età, il quale, sia detto per inciso, era ben vestito e dava l’impressione
di essere un viaggiatore intenzionato a visitare i luoghi di interesse di città
sconosciute. Il barbone aveva la stessa aria malconcia e miseranda di tutti quelli con
cui divideva l’esistenza, ma al signore di una certa età appariva degno di particolare
attenzione; non sappiamo il perché. Era,
come si è detto, già sera, e sotto i ponti, in riva alla Senna, il buio era più
intenso che non sopra, sul lungofiume o sui ponti. Il barbone
visibilmente malconcio barcollava
un po’. Sembrava non
notare l’anziano signore ben vestito. Ma lui, che non barcollava e anzi camminava
con passo fermo e sicuro, aveva evidentemente notato subito l’uomo barcollante.
Il signore di una certa età
sbarrò addirittura la
strada all’uomo malconcio. Si fermarono l’uno di fronte all’altro.
– Dove andate, fratello? – chiese il maturo signore ben
vestito.
L’altro lo osservò un istante poi disse: – Non sapevo di avere
un fratello e non so dove mi conduce il cammino.
– Cercherò di indicarvelo io, il cammino, – disse il signore. – Ma non vogliatemene,
se vi chiedo un insolito piacere.
– Sono disposto a rendervi qualsiasi servizio, – rispose
l’uomo malconcio.
– Mi rendo conto
che avete non pochi
difetti. Ma Dio mi ha messo sul vostro cammino.
Avrete indubbiamente bisogno di denaro, vi prego di non offendervi
se ve lo dico! Io ne ho troppo. Volete dirmi onestamente quanto ve ne serve? Almeno
per il momento?
L’altro ci pensò su
per qualche secondo, poi disse: – Venti franchi.
– È senza dubbio troppo
poco, – replicò il signore. – Ve ne servono certo duecento.
L’uomo malconcio arretrò di un passo, sembrò sul punto di
cadere, ma riuscì, pur barcollando, a stare comunque
in piedi. Poi disse: – Preferirei indubbiamente duecento franchi a
venti, ma sono un uomo d’onore. Credo che vi siate fatto un’idea errata sul mio
conto. Non posso accettare il denaro che mi offrite, questo per i seguenti motivi:
primo perché non ho
il piacere di conoscervi, secondo perché non so come e quando potrei
restituirvelo, terzo perché
nemmeno voi avrete
la possibilità di sollecitarne
la restituzione. Non ho infatti un
indirizzo. Vivo sotto i ponti di questo fiume e quasi ogni giorno sotto uno diverso.
Anche se senza indirizzo sono
tuttavia, come ho già ribadito, un uomo d’onore.
– Nemmeno io ho un
indirizzo, – rispose il signore di una certa età, – anch’io vivo ogni giorno
sotto un ponte diverso, eppure vi prego di accettare cortesemente i duecento franchi
– peraltro una somma ridicola per un uomo come voi. Quanto alla restituzione,
devo ampliare il discorso per informarvi sul perché non posso, per esempio,
indicare una banca dove ridarmi il denaro. Sono infatti diventato cristiano perché
ho letto la storia della piccola santa Teresa di Lisieux. E ora sono particolarmente
devoto a quella piccola statua della santa che si trova nella cappella di Ste Marie
des Batignolles e che non credo faticherete a trovare. Non appena quindi avrete
quei miserabili duecento franchi e la vostra coscienza vi indurrà a non essere
più debitore di una somma così ridicola, andate, ve ne prego, nella cappella di
Ste Marie des Batignolles e consegnate il denaro nelle mani del prete che avrà
appena celebrato messa. Nel caso che lo dobbiate a qualcuno, è alla piccola santa
Teresa. Ma ricordate: a Ste Marie des Batignolles.
– Vedo - disse allora l’uomo malconcio, - che avete compreso
appieno me e la mia onorabilità. Vi do la mia parola che manterrò la parola. Ma posso andare a messa solo la
domenica.
– Come credete, di domenica, – disse il signore di una certa
età. Estrasse duecento franchi dal
portafoglio, li diede
all’uomo barcollante e disse: – Vi ringrazio.
– È stato un piacere, – rispose questi scomparendo subito
nel buio profondo. Perché lì sotto intanto si era fatto buio, mentre sopra, sui
ponti e sul lungofiume si accendevano i lampioni argentei per annunciare
l’allegra notte di Parigi.