Finora non avevo mai chiesto consigli in biblioteca: sono sempre entrata con le idee già chiare, dirigendomi con piglio deciso verso gli scaffali giusti, o addirittura prenotando in anticipo i libri, e poi passando solo a ritirarli.
Questa volta mi sono concessa il gioco lieve dell’affidarsi, in attesa di qualche possibile sorpresa. E devo dire che non me ne sono pentita.
La bibliotecaria mi ha suggerito Risveglio a Parigi di Margherita Oggero e L'estate più bella della nostra vita di Francesca Barra: due romanzi che mi hanno regalato ore piacevoli in queste lunghe vacanze. Sono storie squisitamente “al femminile”, capaci di scandagliare rapporti di amicizia e relazioni familiari, lasciando parlare i luoghi e muovendosi con destrezza avanti e indietro nel tempo.
Vi regalo l’incipit del secondo, un affresco deciso della Basilicata più profonda.
Le tre sorelle Timpone: Ida, Beatrice, Rossella, stanno.
Si dice così qui, a Borgo Felice, di chi si siede fuori casa a fine giornata, e aspetta. Qualcosa o niente. Qualcuno o nessuno. Apparentemente senza un motivo.
In questo paese lucano dove si stringono in alto i tetti variopinti di case e casettine e comignoli, dove si irradiano odori e storie che si diffondono con la velocità della luce e rientrano come spifferi dalle finestre. Da qui, dai suoi confini, nessuno riesce a uscire. Nemmeno chi se ne va per davvero. Non ci riescono le persone che fuggono senza valigia, gli amanti che provano a oltrepassare i confini per amarsi al sicuro da occhi indiscreti, i ragazzi che tentano di raggiungere il loro destino altrove. Dove pensano che li stia aspettando. Per qualche strano artificio, inspiegabile ai più, chiunque provi ad allontanarsi dal paese ne viene nuovamente attratto.
E ogni sera, al crepuscolo, le tre donne si ritrovano in quello che è il baricentro della storia della loro vita: sulle gradinate davanti al civico 8.
Proprio fuori dalla casa della loro infanzia.
I sederi non sono più stretti come quando erano bambine e sporgono goffamente dalle sedie di paglia di riso intrecciata. Sembrano un violino a cui si sono allentate le corde, qui e là vedi spuntare pagliuzze. Sfibrate dall’usura, sfilacciate, fanno tuttavia così parte della storia delle tre donne, che a nessuna di loro è venuto in mente di sostituirle con altre nuove. Magari di plastica. Magari più comode.
L’irrinunciabile liturgia familiare ha inizio proprio dalle seggioline spinte fuori casa.
È un fenomeno rassicurante, la fedeltà alle abitudini quotidiane.
[Francesca Barra - L’estate più bella della nostra vita]
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