Freschezza, autenticità, sete di autonomia e nostalgia di tenerezza: una vera "storia per crescere" (ma non pensate che faccia bene solo ai piccoli).
[…] Mi sembrava un papà diverso
dagli altri. A quel tempo, Pavarotti cominciava già a essere parecchio famoso.
Mio papà, lo chiamavano Pavarotti proprio perché gli somigliava.
[…] Quello che non sapevo è che
mio papà non era molto stimato in giro, anzi non lo era per niente, e la
ragione me la disse lui quando compii dodici anni. E anche se non me la
raccontò giusta neanche quella volta, tuttavia devo dire che mentre parlava
piangeva, e siccome io non l’avevo mai visto piangere, mi misi a ridere: così
nel bel mezzo delle lacrime mi diede anche una sberla.
[…] Mio papà era sempre stato
buono con me: se gli chiedevo i soldi per il gelato o per andare in piscina o
al cinema lui me li dava, e la sera veniva quasi sempre a darmi la buona notte,
a meno che non fosse via per lavoro. A volte stava via per mesi.Già, il lavoro!
Ma che lavoro faceva?
[…] Mio padre faceva il
contrabbandiere. Ogni tanto andava a Lugano e non lo si vedeva per qualche
mese. Io credevo che fosse via per lavoro, invece gli capitava di andare in
galera. Una volta (queste sono tutte cose che ho saputo solo molto tempo dopo)
insieme con un altro tizio riuscì a procurarsi addirittura un piccolo sommergibile
e con quello faceva la spola tra Lugano e Porto Ceresio portando sigarette e
cioccolata e altre cose svizzere. Poi beccarono il suo amico e lui riuscì a
farla franca. Ecco perché dico che i suoi discorsi sulla giustizia non valevano
un fico secco.
Però lo amavo più di ogni altro
al mondo, e se avessi potuto morire per lui l’avrei fatto immediatamente. In
tanti mi volevano bene: il nonno, la zia Lisetta eccetera. E mi davano quello
di cui avevo bisogno. Ma la carezza alla sera me la dava soltanto lui, quando
credeva che dormissi. Entrava in camera piano piano, e io lo sentivo perché non
dormivo mai: fingevo soltanto perché aspettavo quella carezza, che era come un
segreto tra me e lui.
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